Dobbiamo ritornare al nostro ambiente…

Come molti di voi sapranno, da decenni mi occupo di ambiente, sia naturale che umano. Nell’ambito della sociologia ambientale mi sono sempre preoccupato di salvaguardare e valorizzare entrambi gli aspetti di questa suggestiva e vitale risorsa. Spesso, però, ci dimentichiamo che l’ambiente lo generiamo anche noi con i nostri atteggiamenti omissivi e con le nostre azioni, i nostri comportamenti…le nostre affermazioni. Per essere breve e non tediarVi vorrei solo che per un attimo ci fermassimo a riflettere su quanto sia condizionato (anche in buona fede) il nostro agire dalla convenienza che ne abbiamo. Per fare un esempio, se andate a chiedere ad un operaio della Saras cosa ne pensa dell’azienda e se è consapevole dei devastanti danni che essa arreca, cosa pensate vi risponda? O se andate a Quirra a parlare con il cittadino che lavora come impiegato civile nell’amministrazione militare e gli ponete le stesse domande come pensate che vi risponda? Per lo stesso motivo è chiaro che nessun dipendente delle Syndial risponderà in modo differente alle medesime domande da voi poste alle altre persone. Con questo voglio solo dimostrare che, oggi, chi esprime favorevoli o tolleranti giudizi su queste devastanti presenze o è segnato da questi in busta paga o, dagli stessi, ne ottiene stessi benefici di varia natura. Noi però, che siamo la stragrande maggioranza della popolazione e che pensiamo delle cose anche assai diverse rispetto agli intervistati, non abbiamo voce in capitolo. E’ come se non esistessimo…La nostra qualità di vita non conta. Così come non contano i nostri sacrifici, aspettative, opportunità, diritti e interessi legittimi. Noi dobbiamo solo ratificare ed accettare un destino voluto e scelto da altri sulla base di pura logica speculativa e di profitto. Ma il danno che si arreca alla comunità è assai più grande e irreversibile, rispetto alle “briciole” che si ottengono in cambio, perché alteriamo negativamente degli equilibri i cui effetti vanno ben oltre gli ambiti aziendali o degli addetti ai lavori e intaccano la nostra vita e si riverberano per le future generazioni.
Il diritto alla salute e alla qualità della vita sono diritti primari e irrinunciabili. Pensate che dei medici indipendenti dell’Università di Firenze hanno effettuato delle analisi sugli abitanti di Sarroch e dalle risultanze si evidenza che negli stessi è in atto una mutazione del DNA. In compenso Sarroch risulta essere uno dei cento comuni più ricchi d’Italia. Così come Taranto può fregiarsi di avere la più grande acciaieria di Europa, che da lavoro ad oltre 20.000 persone…Che bei primati!
Certo il lavoro è importante ma ci sono valori ben più importanti di questo. Bisogna ricordare che l’uomo non vive per lavorare, ma lavora per vivere. E quanto il lavoro uccide e non solo i diretti interessati ma va oltre i confini della fabbrica, andando a ledere i diritti di tutti, bisogna avere il coraggio e la forza di dire basta!
Inoltre, se mai si dirà di chiudere le produzioni tossiche e dannose mai si comincerà. Certo non si può pensare di chiudere la Saras e gli altri impianti tossici nel giro di uno, due o cinque anni, ma ben si potrà progettare un intervento di riconversione da attuarsi fra i dieci/venti anni nel quale le aziende saranno obbligate a riconvertire le loro pericolose produzioni. I posti di lavoro saranno garantiti perché dovranno realizzarsi imponenti lavori di bonifica e di monitoraggio ambientale, dovranno realizzarsi dei corsi per la riconversione del personale e tutti i territori comunali coinvolti ne avranno un beneficio per via della “no tax area” con cui il Governo, anche a titolo di indennizzo, cercherà di accompagnare dette riconversioni.
Dobbiamo smetterla di costruire dei bilanci dove nella partita delle attività si pongono i profitti che vengono nella quasi totalità privatizzati e nella partita dei costi sociali, ambientali e produttivi si pongono dei perversi meccanismi pubblicistici che, di fatto, spalmano le negatività non solo sugli addetti ai lavori ma in modo indiscriminato su tutta la popolazione civile e anche sui territori ben distanti dalle sedi di produzione. Inoltre, noi residenti di Capoterra, siamo come accerchiati perché da un lato abbiamo la già citata Saras, dall’altra l’area industriale di Macchiareddu Grogastu dove insistono delle vere “bombe ecologiche” come l’inceneritore con le sue micidiali polveri sottili, l’impianto di compostaggio con il suo fetore, il tetraclorodibenzo, meglio noto come diossina della Syndial e il mercurio parcheggiato e sotterrato in vasconi che non per ciò solo, ha smesso di generare danno. E come se non bastasse il nostro territorio è flagellato da avversità ed eventi naturali in cui c’è sempre la devastante mano dell’uomo….penso all’assetto idrogeologico del territorio di Capoterra dove spesso l’uomo si è reso responsabile di gravi negligenze ed imperizie che hanno causato morti e gravi danni all’economia locale; penso ai lavori di edificazione di una parte della Laguna fra Maramura e la Maddalena, dove le ruspe hanno “bonificato”si fa per dire, con tonnellate di terra ettari di superficie lagunare per realizzare dei nuovi rioni; penso alle chiusure degli originari sbocchi a mare delle acque lagunari; penso all’erosione della costa marina, di certo agevolata sempre dall’uomo che, per via di innumerevoli lavori effettuati negli anni nel golfo di Cagliari, ha alterato le correnti marine, provocando detta erosione. Allora che fare…semplice cerchiamo di volerci bene e acquisiamo consapevolezza creando una scala comune e condivisa di valori in cui credere e lottare. Riappropriamoci della nostra terra e del nostro destino e il resto, non tarderà ad arrivare.

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