In politica dobbiamo smettere di farci del male

Smettiamo di farci del male.

Appello per dare senso alla politica e creare un nuovo funzionale soggetto politico:  la "Costituente ecologista"

 

Cari amici, oramai esiste un dato di fatto:

le appartenenze ci hanno fatto perdere di vista i reali problemi della nostra terra. Esse, nella migliore delle ipotesi, ci hanno dato solo una prospettiva parziale del contesto impedendoci di vedre l’insieme delle cose e dei fatti.

Le ideologie che dovrebbero farci avvicinare ci allontanano nelle contrapposizioni e nei distinguo.

Siamo quotidianamente obbligati a fare delle scelte che riteniamo siano nostre ma che, in realtà, nostre non sono perché esse vengono a noi proposte come "necessitate" da una regia di parte; parte che a ben guardare non mai insieme.

Appartenere alla destra o alla sinistra ha significato molto per il nostro Paese.

Penso alle guerre, alle lotte partigiane e a tante altre cose.

Così come è stato, ed è ancora importante, appartenere ad un sindacato.

In tanti casi ciò è stato persino l’unico merito. Tutto questo è troppo, perché tanti di noi sono stati vittime e/o protagonisti di questo masochistico sistema.

Oggi dobbiamo liberarci di questi steccati ideologici e convergere verso i contenuti, ognuno da luoghi, percorsi e contesti diversi, storie e vissuti differenti.

Allo stato delle cose, pare che in Italia non esiste una terza via.

Le pessime leggi elettorali che in questi anni si sono succedute non agevolano di certo la nascita di questa area, così come gli sbarramenti del 4% sacrificano il pluralismo e la democrazia sull’altare della governabilità con il premio di maggioranza.

Tanta gente si allontana dalla politica dei partiti, non va più a votare nella convinzione che a nulla serva per cambiare le cose.

Nel nostro Paese una maggioranza molto relativa governa la nazione, ritenendo di essere la piena espressione della sovranità popolare,  consolidando sempre più il dualismo bipartitico verso il presidenzialismo più sfrenato.

Oggi l’italia è come divisa in 3 parti: una favorevole a Berlusconi, pur con i periodici distinguo del caso, un’altra è contraria, ma si divide sulle azioni da compiere e l’ultima parte è costituita da scontenti, sfiduciati e indifferenti. A nulla, o assai poco, rilevano le posizioni strategiche dell’UDC a destra o il populismo forcaiolo dell’Italia dei Valori a sinistra, entrambi strumentali al gioco delle parti.

Se anziché continuare a discutere su Berlusconi ci si preoccupasse dei veri problemi del nostro Paese forse ci si accorgerebbe che nelle famiglie il tenore della vita sta peggiorando sempre più e che l’ambiente, da qualche anno sulla bocca di tutti, è sempre più compromesso.

Chi vi scrive è un insegnante di ruolo, con 18 ore di cattedra + sei ore buca, con moglie e figlio, che dopo 23 di servizio percepisce circa 1.450.00o euro di stipendio, che paga un mutuo per la ristrutturazione della casa e che ha fatto anche la cessione del V dello stipendio.

Come me ce ne sono tanti altri e forse sono messi anche peggio di me, perché hanno un lavoro precario o non lo hanno per niente.

A tutti noi cosa ce ne frega di sentire tutte le sere che le cose vanno bene grazie a Berlusconi o che vanno male per colpa di Berlusconi. Berlusconi non è l’Italia.

Egli, a ben guardare, dovrebbe essere, per dirla con le parole di Grillo, un "nostro dipendente" pagato lautamente per guidare il nostro Paese. Se non ci riesce, basta togliergli dei punti dalla patente o alla prossima scadenza, ritirargliela e il gioco si chiude.

Ma in democrazia,  fino a quando questo signore avrà un credibile consenso e non presenterà patologie invalidanti egli avrà il diritto di provare a ridare l’esame di guida tutte le volte che vuole.

Del resto poi a ben guardare, qualcuno di noi lo ha pure votato nel corso di questi anni. Non vi pare?

Ma premesso tutto questo, per esempio ha ancora senso organizzare tante marce della pace, decine di piazze della solidarietà, 1000 iniziative similari ed etichettarle con questo o quel partito, con il sindacato X o con il sindacato Y, o COBAS, o Gilda, o CSS per chi vive in Sardegna?

E mai possibile che l’identità del nostro popolo non conosca mezze misure (vedi la Lega Nord o i Sardisti), nel senso che si passa dall’esaltazione folclorica, all’indifferenza esistenziale, che per far valere le nostre ragioni si debba fare patto con la destra o con la sinistra?

Il patto perché non lo facciamo sulle cose da fare, fuori dagli schieramenti costituendo un gruppo di pressione in grado di operare sui contenuti e sulle reali emergenze della nostra terra. Altro che il ponte sullo stretto di Messina, le centrali atomiche o la prescrizione breve.

Oramai si è capito che certe politiche tendono solo ad esaltare le contrapposizioni e a costringerci a fare delle scelte che accentuano sempre più la nostra dipendenza dal Governo centrale e dai qualificati riverberi dei rappresentanti locali.

Pertanto dobbiamo smetterla di farci del male.

I numerosi problemi che attraversa la nostra comunità non saranno mai risolti se non verranno affrontati da un gruppo coeso e trasversale che anteponga gli obiettivi alle tessere,  il cui unico merito dovrà essere non l’appartenenza ma la comprensione  dei contenuti dei problemi per sviluppare risposte tempestive ed ecologicamente adeguate.

Un invito dunque a tutti, dagli ecologisti di proposta a quelli che urlano, dai non votanti ai delusi, dai sardisti ai radicali, dai moderati del centro destra a quelli del centro sinistra e a tutti coloro che hanno abbandonato il piacere di fare politica per la gente.

Roberto Copparoni

Verso la Cosituente ecologista

Cagliari

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