Parchi sì, parchi no.

Intervengo sull’argomento perché stimolato dai recenti interventi di Francesco Vittiello e Marcello Madau, (pubblicati sul quotidiano l’altra voce http://www.altravoce.net/index.html ) sulla utilità degli Enti Parco e Aree marine, visto che in Sardegna ce ne sono diverse ed altre ancora stanno per essere istituite.

Personalmente sono convinto della utilità di un ente, che salvaguardi le specificità che un dato territorio possiede allo scopo non solo di prevenirne il suo danneggiamento ma anche di renderne strategica e funzionale la sua migliore fruizione, allo scopo di esaltarne le sue molteplici potenzialità, delgando ad un organismo tecnico"super partes" la gestione delle azioni ed iniziative da intraprendere.

Non di deve dimenticare, però, che tali obiettivi possono essere raggiunti nel medio lungo periodo. Assai difficilmente nel breve, così come si pretenderebbe avvenisse per il Parco Nazionale de La Maddalena, o meglio per quanto fatto dal nuovo Direttore, che è in carica da meno di un anno.

Conosco Bonanno e ne ho la massima stima. Fra i suoi meriti le conoscenze e competenze acquisite, forse fra i suoi limiti, la giovane età. E poi, il fatto che sia stato segnalato dal Ministro dell’Ambiente non mi sembra affatto strano.

Chi lo avrebbe dovuto segnalare, forse il Ministro della Difesa o di Grazia e Giustizia?

Ma non è di questo che voglio parlare. Del resto ne avevo gia accenato in un precedente articolo.

 

Invece, vorrei soffermarmi a parlare del tipo di ente di gestione che vorrei.

 

Premesso che ogni area tutelata da un punto di vista naturalistico o storico archeologico sia SIC, Oasi, Zona, Sito, Area marina o Parco riveste, per le sue intrinseche qualità, una valenza che non può essere solo locale, spesso comunale o comprensoriale. Al riguardo occorre contestualizzare detta area in un ambito partecipativo (non solo formale) alle più ampie comunità di riferimento. Per prima cosa la comunità regionale della Sardegna.

Per fare questo occorre diffondere un concetto differente modello di gestione partecipativa di queste "importanti" risorse territoriali o ambientali e prima ancora diffondere nuove sensibilità ai residenti.

Le odierne strutture preposte a questi compiti, sono vecchie e autoreferenziali. In altre parole, hanno fatto il loro tempo!

Per esempio si dovrebbe ridisegnare gli assetti dei Consigli di Amministrazione, garantendo la partecipazione alla società civile, anche attraverso la presenza della associazioni di volontariato, delle ONLUS, Scuole o Istituti (non necessariamente Università) e non garantire la presenza a qualche blasonata associazione, troppo legata agli interessi del "palazzo".

Si dovrebbe amplire la partecipazione anche agli altri Comuni interessati, alla Provincie di riferimento e alla stessa Regione, nonché a quei rappresentanti delle attività economiche più significative che insistono culturalmente nel territorio di riferimento.

Purtroppo, per molti di questi Enti, sembra che il primo obiettivo sia la salvaguardia dei posti di lavoro della struttura  (in primo piano di tipo dirigenziale), certo meglio se funzionante a dovere, ma …non necessariamente.

Se andassimo ad osservare la composizione dei consigli di amministrazione dei rispettivi organismi, noteremo, una limitata territorialità di appartenenza e la presenza di forti vincoli parentali o politici dei membri con gli amministratori comunali; vincoli che spesso, di tecnico, hanno ben poco.

Per questo, giusto per fare un esempio, dico che l’Area marina Protetta del Sinis Mal di Ventre non deve appartenere solo al Comune di Cabras, così come per Villasimius, per Olbia, Alghero in relazione alle altre areee marine della Sardegna. Parimenti questo discorso vale anche per i Parchi dell’Asinara o de La Maddalenao, che non possono appartenenre ai soli Comuni di Portotorres o de La Maddalena.

Di fatto però le cose sono proprio così.

In molti casi i Sindaci di questi Comuni sono stati, per anni, persino Presidenti o rappresentanti dei rispettivi Parchi o Aree protette, riverberando, purtroppo, in questi nuovi contesti di policentrismo autarchico, assetti isituzionali con "vecchie logiche" di tipo politico-spartitorio, creati anche a prescindere dal posseso di reali competenze, titoli, capacità e meriti dei suoi dirigenti.

La pochezza dei risultati ottenuti in queste aree è una diretta conseguenza del loro "forzoso" concepimento politico istituzionale.

Pertanto, occorre rivedere questi organismi, prima che si degeneri in una guerra di clan fra ataviche rivendicazioni che riporterebbero la Sardegna, come minimo, all’editto delle chiudende, allorquando, recintando enfaticamente con massi, i nostri piccoli appezzamenti di terreno, consolidammo la nostra chiusura mentale.

I parchi e le aree protette non sono il risultato di una "concessione" o di una "grazia ministeriale" ma devono rappresentare uno strumento di reale crescita delle Comunità, nonché un’azione di affrancamento dalle logiche di un sistema che tendezialmente non ci responsabilizza, poco insegna o educa e che in nome della prevenzione e del controllo del territorio ci spossessa anche da una "normale fruizione" per garantire, troppo spesso, solo la sua sopravvivenza.

Roberto Copparoni

Presidente Associazione Amici di Sardegna ONLUS

Nella foto la "roccia dei fidanzatini" all’isola di Mal di Ventre prima che venisse decapitata

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