Le periodiche e tragiche calamità che distruggono la nostra esistenza e la intaccano nei sentimenti più vivi e profondi non possono consentirci di attendere ancora…
Le risposte che la nostra dirigenza ha dato sono inconcludenti e dannose poiché espresse da una classe politica mediocre e piccina che farraginosamente determina tutta una serie di azioni per mitigarne gli effetti che, molto spesso, sono peggio del male che si vorrebbe curare…
Dobbiamo porre delle priorità una volta per tutte.
E fra queste la prima è senza dubbio la salute e la qualità di vita. A questo proposito si pone il problema di quali soluzioni declinare sui vari territori colpiti da queste sciagure innestando delle iniziative virtuose e positive in relazione ai bisogni e al benessere economico e sociale delle popolazioni.
Per fare questo occorre pensare a una “riconversione ecologica della società” a un “radicale e differente” modo di porgersi verso l’ambiente, non più inesauribile e gratuita fonte di sfruttamento da “saccheggiare” , ma elemento “vitale” per la nostra esistenza al quale rapportarsi con senso di rispetto e di responsabilità.
Spesso si dice che: “Prevenire e Meglio di curare” …Ma allora se questo principio appare universalmente riconosciuto, perché non lo si mette in pratica? Cosa osta a tutto questo? E mai possibile che gli egoismi di pochi possano condizionare l’esistenza di molti e compromettere il futuro di tutti?
La proposta ecologista di una società più equa, sana e inclusiva, deve declinarsi su tutti i territori anche passando attraverso la nostra la Sardegna che da troppo tempo attende di potersi esprimere per quello che possiede.
Natura, cultura, tradizioni, arte, creatività, etnia e spiritualità che quasi per magia si sono suggelate in grandi e piccoli gesti quotidiani che sempre meno riusciamo o vogliamo scorgere e valorizzare, rischiano di perdersi definitivamente.
Il richiamo ai nostri valori di sardità, di sardismo o di sarditudine non devono essere ricondotti in uno sterile ambito di “egocentrismo culturale e identitario, gratuito e strumentale” per non riuscire poi a comunicare e trasmettere le positività e immanenza dei nostri valori. Valori, che poi si riconducono al più profondo rispetto per Madre Terra così come tante altre civiltà fanno in ogni dove del pianeta…
Pensare localmente e agire in modo globale …ma non per spalmare i costi della globalizzazione sulle collettività, in forza di una liberalizzazione imperante e far ripartire i profitti e le rendite alle solite poche persone, ma per redistribuire opportunità, saperi e fornire azioni in grado di colmare il profondo senso di iniquità e di ingiustizia che caratterizza la nostra epoca…
Alex Langer ha precorso i tempi…egli ci ha dato dei chiari segnali in questo senso e la sua filosofia deve essere ripresa per realizzare quei collegamenti di cui egli parlava; ponti fra culture, territori, occasioni, diversità…
Si pensi a questo proposito cosa possa rappresentare per noi sardi “la secolare inesistente VERA CONTINUITA’ TERRITORIALE” e quali e quanti danni abbia generato nelle nostre generazioni…
Perché il problema non è solo, o non solo, la difficoltà degli spostamenti e dei collegamenti, interni ed esterni, ma da tutto ciò che discerne da questo.
Si pensi solo un attimo ai dettati sovranazionali o agli stessi principi costituzionali e si confrontino questi principi sulla base di ciò che si realizza in Sardegna.
Si valuti per davvero cosa possa significare la mancanza di opportunità e di occasioni che la discontinuità territoriale determina. E’ evidente che se il Governo nazionale avesse voluto affrontare e risolvere il problema avrebbe adottato delle altre politiche fatte di fiscalizzazione degli oneri da spostamento per tutti, ma in modo particolare per i residenti; di politiche idonee a contenere gli aggravi dei costi per i trasferimenti delle merci e per abbattere gli oneri energetici, visto che la nostra regione è l’unica che non possiede una rete di gas…In questo modo si sarebbe davvero potuto evitare che l’insularità diventasse isolamento e pregiudizio di aspettative e diritti, perdita di occasioni e opportunità.
A questo proposito è bene ricordare che il gasdotto Galsi ( Sardegna Algeria) di cui tanto si continua a parlare è una ennesima presa in giro per noi tutti perché, sulla nobile motivazione di fare del bene ai sardi e di portare loro benessere e progresso, (proprio come nei tempi passati si era detto con enfasi e retorica per la Rumianca, l’Eni e la Saras) determina la nascita di una altre servitù di tipo energetico che usa la Sardegna come terra di passaggio senza preoccuparsi di individuare preliminarmente i fondi necessari per tutte le reti interne e le doverose infrastrutturazioni.
Nel frattempo nella nostra regione si continua a costruire in aree a rischio di dissesto idrogeologico, molte amministrazioni non hanno i PUC Piani Urbanistici Comunali, manca una seria di politica di mappatura, di prevenzione e monitoraggio delle aree a rischio. La sicurezza sembra essere un valore di secondo livello rispetto al “sacro principio” del condono. Fare cassa è il primo obiettivo per le amministrazioni…poco importa che si viva male. Parte delle forze politiche locali, non ancora soddisfatte dello scempio arrecato, vogliono snaturare il piano paesaggistico regionale posto dall’ex Presidente Soru, per disegnare un nuovo profilo edilizio della Sardegna retoricamente evocativo di una autodeterminazione che più che tendere alla identità del popolo sardo agevola di molto il dissesto e il degrado dei luoghi. Peraltro questo piano stravolge anche le abitudini ed usi delle persone a nuovi bisogni e consumi.
Certo il mondo degli ecologisti e sfrangiato e talvolta anche contrapposto.
Infatti ci sono mille modi per intendere e vivere l’ecologismo, ma…è venuto il momento in cui non abbiamo altra possibilità di ritorno.
Oggi dobbiamo mettere da parte le ideologie e agire per fare quello che sappiamo fare: difendere Madre Terra. Dobbiamo fare fronte comune, superando le incomprensioni, i dissapori personali nonché le contrapposizioni che fino ad oggi ci hanno caratterizzato per arrivare ad un “sentire e vivere in comune”, come se fra noi tutti ci fosse consapevolezza e condivisione dei compiti da affrontare per vivere una comunità di destino. Per questo ci rivolgiamo a tutte le Associazioni ambientaliste, organizzazioni del III settore e Comitati che sono presenti nei territori per lanciare un appello….
Ritroviamoci tutti dalla stessa parte, uniti e coesi per sconfiggere il grande male del nostro secolo: l’indifferenza
Per quanto esposto credo che una costruttiva e serena riflessione debba farsi invitando tutte le persone di buon senso ad un serrato confronto proprio su questi temi, indipendentemente dai percorsi di provenienza di vita individuali politici e professionali di ciascuno, tenendo presente che mai come oggi il nostro mondo deve ritrovarsi attorno a questi fondamentali principi della nostra esistenza. Temi che obiettivamente sono i soli che possono garantire una speranza di reale futuro!