Le ultime novità su Tuvixeddu mi confermano quanto ho sempre pensato.
Spesso sono intervenuto sull’argomento suscitando, mio malgrado, tutta una serie di malintesi ed incomprensioni.
Sono persino passato per colui che era favorevole agli ecomostri e grande amico dei costruttori e pur di non rinnegare quello che realmente penso, in questi anni, ho pagato un elevato prezzo.
Pertanto, visto che dagli anni ’80 di occupo a vario titolo di Tuvixeddu, al fine di fornire altri elementi di corretta valutazione sul mio pensiero, offro una ulteriore chiave di lettura.
Premesso che avrei preferito che sul colle non venisse posta neppure una goccia di cemento.
Preso atto dell’incuria con cui questo colle è stato trattato fin dalla fine della II guerra mondiale.
Tenuto conto dei fondamentali principi giuridici quali "pacta sunt servanda" e "Rebus sic stantibus"
Constatata la urgenza e la necessità di aprire il parco archeologico di Tuvixeddu.
Preso atto dell’accordo di programma fra le parti in causa e sugli innegabili vantaggi che il Comune di Cagliari ha ottenuto dalla transazione effettuata, ma soprattutto la cittadinanza che, finalmente, avrebbe fruito di un importante parco archeologico affrancandolo dalle "liti di bottega"
Fatte tutte queste considerazioni mi domando perchè la RAS non ha mai formulato a Cualbu una credibile proposta di acquisto dell’intera area?
Alcuni diranno…"perchè acquistare, se si può espropriare a prezzo politico?"
Ma questa forma di cessione coattiva del bene privato senza giusto ristoro non è contemplata nel nostro ordinamento.
Forse un tempo nei paesi dell’EST questo era anche possibile, ma non in Italia dove il bene pubblico e la proprietà privata coesistono e convivono, anche se periodicamente i principi e valori da essi espressi vengono ponderati in maniera differente a seconda delle maggioranze espresse.
Infatti più volte la giurisprudenza si è pronunciata in argomento sancendo "la credibilità economica" della proposta di indennizzo che viene rapportata al valore del bene.
Ma al di la di questo resta un fatto. Cambiano le leggi, cambiano gli orientamenti e i valori. La legge normalmente non è retroattiva a meno che non sia più favorevole al reo, almeno in ambito penale.
In sede civile occorre fare una precisazione nel senso che si devono valutare gli interessi e decidere se devono prevalere le nuove disposizione di legge, perché la società che le esprime ha mutato stili e modelli di vita o se vige il principio che "in fase di goco non si cambiano le regole" sempre che non si dimostri che le regole sancite a suo tempo fossero illegali. Ma non mi risulta che quanto fatto allora dalle parti in causa sia stato oggetto di sentenza penale passata in giudicato nel senso che nessuno ha mai dichiarato che l’accordo di allora fosse il frutto di una serie di reati fra loro preordinati e finalizzati ad ottenere un ingiusto profitto.
Siamo quindi di fronte al bivio fra ragione e passione. Forse anche fra avere o essere!
Certo le cose in questi anni sono cambiate; anche le sensibilità diffuse e soprattutto le conoscenze.
La Soprintendenza archeologica di Cagliari ha sempre avuto un ruolo di grande importanza e responsabilità sulla vicenda. In questi ultimi 30 anni ho conosciuto tanti archeologi che hanno avuto a che fare con Tuvixeddu, Dott. Pesce, Dott. Barreca, Dott. Santoni, Dott. Trochetti, la Dott.ssa Salvi e tanti altri e per quanto posso dire ho sempre apprezzato la loro grande passione e professionalità. In particolare nei giorni scorsi la Dottoressa Salvi è apparsa sulla stampa per via di alcune intercettazioni telefoniche ordinate dalla magistratura inquirente – dalle quali vengono "ad arte" estrapolate parti di un suo dialogo avuto con una collaboratrice – che tenderebbero a dimostrare una certa imperizia, negligenza fors’anche mala fede e reticenza della stessa professionista, nell’affrontare la questione delle tombe rinvenute nell’area del catino fuori dalla zona di vincolo archeologico e di essersi in un certo modo attivata solo dopo delle sollecitazioni avute dall’alto. Ma cosa c’è dietro questo inusitato attacco da parte del principale quotidiano della Sardegna che, pur di convincere e fare tendenza è capace di calpestare tutto e tutti?
E’ proprio vero in certi casi gli opposti si incontrano…..
Per me è proprio così perché da un lato vi sono delle persone, di cui la maggioranza in buona fede, come gli integralisti dell’ambiente, i radicali della sinistra e una parte dei costruttori che vorrebbero far saltare tutto l’accordo; dall’altra altri costruttori, ambientalisti che vedono e percepiscono l’ambiente in modo differente e coloro che sostanzialmente ritengono giusto addivenire ad un accordo sulla base di due possibili soluzioni:
1) Fare una regolare e solida transazione per le aree in contestazione al fine di far diventare tutta l’area "suolo pubblico" i cui costi si prevede saranno particolarmente elevati.
2) Chiudere la partita con una sensibile riduzione delle volumetrie nell’aria in discussione fra l’ex polveriera e il catino, terminare i lavori del Parco archeologico, trovare una soluzione non invasiva ed impattante per i raccordi stradali ed accordarsi sull’entità delle somme da corrispondere alla società di Cualbu a titolo di indennizzo o risarcimento bonario, facendo convivere l’esigenze pubbliche con i diritti dei privati.
Fra l’altro ci sono tante cose che ho affermato sulle quali mai nessuno mi ha dato risposta e in particolare:
Perché il vincolo del 2006, Piano Paesaggistico Regionale che ha ampliato l’area sottoposta a vincolo, si è fermato nel lato sud occidentale, in via Santa Gilla e non è stato esteso a San Paolo/Campo Scipione, dove insistono (insistevano sarebbe meglio!) delle importanti presenza storico archeologiche di età fenicio punica (Thopet di Cagliari, scavato dal Prof. Giovanni Lilliu) , romana e giudicale leggasi Santa Igia), consentendo ad altri costruttori, proprietari di importanti mezzi di informazione di perfezionare (anche grazie al silenzio e alle assenze della sinistra) una mastodontica opera edilizia (non popolare), semplicemente devastante in termini di impatto ambientale ed estetico? Ma cosa fa la gente quando passa da via San Paolo o percorre la ss 195 per giungere a cagliari, o quando dal viale Sant’Avendrace e dalla tomba della Vipera cerca di osservare la laguna, si chiude gli occhi?
Perché tutto il quartiere di Sant’Avendrace non è mai stato considerato vero e proprio centro storico, visto le le nostre origini sono proprio nell’area della laguna di Santa Gilla?
Perché non si vuole considerare tutta l’area un "Unicum storico, archeologico, naturalistico e paesaggistico" al cui interno si presentino senza soluzioni di continuità Tuvumannu e Tuvixeddu, Viale Sant’Avendrace, San Paolo/Campo Scipione e la laguna di Santa Gilla con San Simone e le sue isolette?
Perché non si vuole comprendere che una parte rilevante della partita "Tuvixeddu" viene trattata sui tavoli dell’alta finanza e di "gruppi esclusivi" di Torino, Milano, Roma, Catania e Palermo?
Ma questo è un altro discorso che ci porterebbe lontano, forse talmente tanto da impedire a noi "umani e semplici mortali" di essere compreso nella sua complessità e interezza.
Per Tuvixeddu Wive
Roberto Copparoni