Come spesso accade le sorti della nostra isola si decidono fuori dalla Sardegna.
E’ una tradizione consolidata che nasce fin dalle origini della storia antica e arriva ai nostri giorni.
A Roma tempo fa si è deciso di riconvertire le nostre vocazioni economiche e produttive e oggi Francoforte disegna i nostri scenari futuri sempre con l’avvallo di Roma.
Nell’arco di poco più di sessanta anni siamo passati da una economia agropastorale con forti potenzialità di turismo di sostenibile e di qualità a un mix ibrido fatto di folclore petrolchimico e di archeologia para industriale che ha snaturato i luoghi e arrivando perfino ad altere i DNA delle persone in ragione dell’occupazione
Ma cosa è diventata oggi la Sardegna?
Continua ad essere una terra di missione per molti, per altri è un luogo di punizione e per i superstiti è un luogo di esistenza che diventa sempre più di sopravvivenza.
Peccato, però, che le regole dell’esistenza, non vengano stabilite dagli stessi interessati che fagocitati dalle regole della politica e della rappresentanza democratica, per via della notoria situazione di bisogno, spesso chinano la testa per garantirsi salari e stipendi, pensioni e CIG.
Quante volte abbiamo assistito a queste scene…Quante volte queste ragioni ci hanno fatto accettare o omissivamente tacere sulle negative vicende di cui tutti noi eravamo testimoni?
Oggi hanno deciso a Roma cosa fare della Sardegna. Ovvero far partire lo sventramento della nostra isola, questa volta in regione di un superiore interesse nazionale (Quale?). Per quanto si possa prospettare la cosa siamo in presenza di una ulteriore servitù: di passaggio? di tipo energetico?…
Non si capisce come mai questo progetto sia così importante visto che la U.E. Non lo ritiene assolutamente prioritario. E poi per chi è davvero importante? Per i sardi no di certo e ciò per alcune semplici ragioni.
Prima di tutto non è certo che i sardi ne beneficieranno. Infatti osservando il bilancio della RAS non vi è traccia di eventuali risorse che potrebbero rendere effettivo il collegamento del Gasdotto alle reti di approvvigionamento dei circa 250 comuni teoricamente coinvolti nella iniziativa sia in modo diretto che indiretto.
Se venisse realizzato il gasdotto verrebbero fortemente compromesse alcune aree protette e vincolate sia dal punto di vista naturalistico e ambientale che storico archeologico. Giusto per fare due esempi penso alle praterie di Poseidonia dove vive la pinna nobilis nell’area di Sant’Antioco, dove il gasdotto sottomarino proveniente dall’Algeria uscirà per finire sotto terra per circa 270 kilometri e anche alla zona archeologica di Paulilatino, uno dei territori dove è molto elevata la presenza di nuraghi e siti archeologici.
Altri motivi di avversità su questo progetto sono legati ad aspetti della sicurezza, economicità ed opportunità
Per essere chiari Il gasdotto, in parecchi punti, sarà fuori terra, ben visibile e ben delimitato, esattamente come le aree militari, e nessuno vi potrà accedere. La Società GALSI non dice che, una volta interrato il tubo del diametro di un metro e venti, è prevista una fascia di rispetto che, in base al Decreto Bersani, non può essere inferiore a 100 metri da un lato e 100 dall’altro. Inoltre, lungo tutto il tracciato sono previsti 38 PIDI, (Punti di Intercettazione e di Derivazione Importante) che, oltre a sezionare la condotta per motivi di sicurezza, hanno la funzione di consentire sia l’interconnessione con altre condotte sia l’alimentazione di condotte derivate dalla linea principale, ciò attraverso la costruzione di apposite centrali (altro territorio regalato e altro impatto per circa 40 ettari). Peraltro il nostro territorio in estate è spesso flagellato da incendi, figuriamoci cosa accadrebbe se un incendio dovesse lambire anche un metro di questo faraonico gasdotto…
Quanto alla economicità rileviamo che se il prezzo del gas è di 9-10 dollari, la durata media delle riserve di gas è di 25 anni. Se il prezzo del gas è di 4-5 dollari – come oggi – la durata delle riserve è pari a meno di 15 anni”. Il GALSI garantisce gas per 15 anni a decorrere dalla “messa in gas”. Ma il gasdotto e i collegamenti alle reti locali, se realizzate (Per la realizzazione delle quali non è stato stanziato un euro!) e se tutto dovesse andare per il verso giusto (cosa alquanto improbabile considerato che occorrerebbero almeno 4 miliardi di euro per la loro realizzazione), non verranno terminati prima del 2016-2020.
E di gas ce ne sarà sino al 2030 e dopo!!!
Infine ricordiamo che questo progetto non ci assicura l’indipendenza energetica, anzi ci rende dipendenti da un Paese straniero, instabile e culturalmente assai diverso dal nostro e dipendenti da un sistema di fonti energetiche non rinnovabili (petrolio, carbone, gas), gestito da enti e società inaffidabili (alcune indagate per corruzione internazionale in affari di gas). E’ inoltre risaputo che la compagnia algerina del gas SONATRACH e la russa GAZPROM si sono accordate per realizzare una vera e propria OPEC del gas.
L’unica indipendenza energetica ce la possono dare solo il nostro vento e il nostro sole …sempre che non ci rubino anche quello.
Roberto Copparoni
Federazione dei Verdi di Cagliari
Associazione Amici di Sardegna