Sulla vicenda di Tuvixeddu si è detto di tutto e di più.
Oggi, peraltro, sembra finalmente iniziare a generarsi un “sentire comune” fra le parti in causa, sulla sorte di questo meraviglioso sito di valenza storica e archeologica internazionale che, a pieno titolo e ragione, da decine di anni sarebbe potuto diventare monumento UNESCO.
In questi anni siamo sicuramente cresciuti in termini di sensibilità diffuse e di senso civico. Tutto questo ha generato una maggiore consapevolezza e senso di responsabilità anche in relazione al miglioramento della qualità della vita e alla migliore fruizione delle bellezze monumentali, archeologiche e culturali.
Dopo anni di scontri sembra delinearsi una reale ipotesi di accordo fra le parti che da un lato rispetti gli impegni contrattuali assunti e che al tempo stesso tenga presente l’esigenza di modificare l’originale volumetria costruttiva dei luoghi e di migliorare gli spazi di rispetto e ciò proprio in ragione dell’interesse pubblico che si è modificato e consolidato in questi ultimi tempi.
Interesse pubblico che non deve essere inteso come alternativa o pretesto per pregiudicare l’interesse del privato ma, anzi, concorrere con esso per la migliore realizzazione del definitivo progetto in un’ottica di confronto e di dialogo fra i molteplici e differenti portatori di diritti soggettivi e di interessi legittimi e diffusi. A tale proposito ci sembra poco utile e produttivo riprendere a mettere in discussione tutto in fase di composizione delle differenze. Che senso ha, ora, proporre Commissioni regionali di indagine o Commissioni inquirenti per verificare ciò che con 13 sentenze ha già verificato la Magistratura di ogni ordine e grado? Il buon senso non è più di casa?
Perché continuare ad insinuare dubbi e faziosità con questa logorante e devastante masochistica tattica del gioco delle parti con “buoni e cattivi” preconfezionati?
Dico masochistica per diversi ordini di motivi:
primo perché ogni giorno di ritardo nell’apertura del parco rappresenta una gravissima perdita per la città di Cagliari e non solo in termini economici ma soprattutto di opportunità socio culturali e formative. Inoltre costituisce un enorme danno per tutto il quartiere di Sant’Avendrace che non possiede spazi di questo genere e che rischia di soffocare negli angusti spazi lasciati.
Infine bisogna rammentare che tutto il ritardo che si è determinato e che si continuerà a produrre comporterà il pagamento di un prezzo di svariati milioni di euro per danno emergente e lucro cessante.
Il problema dunque non è solo di pensare ai danni dell’impresa costruttrice, ma soprattutto ai danni, oramai generazionali, che si stanno arrecando alla nostra collettività il cui reale volere nella partita, a quanto pare, non è stato rappresentato compiutamente dalle istituzioni politiche, troppo prese a ideologizzare e ad accrescere lo scontro e a sollevare le masse, vere o presunte tali.
Per questo ci auguriamo che tutte le forze politiche interpretino al meglio il volere della popolazione e definiscano una volta per tutte gli esatti termini dell’auspicato e risolutivo accordo senza svirgolare sulla via Appia che a ben guardare meglio sarebbe riferirla al viale Sant’Avendrace, piuttosto che alla via Is Maglias.
Cagliari 12/03/10
Roberto Copparoni
Presidente di Amici di Sardegna
Comitato Tuvixeddu Wive