La sentenza del TAR su Tuvixeddu

8 Febbraio, 2008

REPUBBLICA ITALIANA Sent. n. 127/2008
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Ric. n. 168/2007

IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO PER LA SARDEGNA
SEZIONE SECONDA

ha pronunciato la seguente
SENTENZA

sul ricorso n. 168/2007 proposto da Nuove Iniziative Coimpresa Srl, in persona del Presidente del consiglio di amministrazione e legale rappresentante Gualtiero Cualbu, rappresentato e difeso dagli avv.ti Pietro Corda ed Antonello Rossi, elettivamente domiciliata in Cagliari, via Bellini n. 26, presso lo studio dell’avv.to Rossi;

contro

La Regione Autonoma della Sardegna in persona del Presidente pro-tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Vincenzo Cerulli Irelli, Gian Piero Contu e Paolo Carrozza ed elettivamente domiciliata in Cagliari, presso gli uffici regionali, viale Trento n. 69;

Il Direttore regionale del servizio tutela del paesaggio di Cagliari, non costituito in giudizio;

Il Ministero per i Beni e le Attività Culturali, in persona del Ministro pro-tempore, il Soprintendente per i Beni Architettonici e per il Paesaggio per le province di Cagliari ed Oristano, tutti rappresentati e difesi dalla Avvocatura distrettuale dello Stato in Cagliari, via Dante n. 23, presso i cui uffici sono domiciliati;

e nei confronti

del comune di Cagliari, in persona del sindaco pro-tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti Federico Melis, Marcello Vignolo, Massimo Massa, Ovidio Marras ed elettivamente domiciliato in Cagliari, piazza del Carmine n. 22, presso lo studio dell’avv.to Vignolo;

di Renato Soru, Carlo Mannoni, Franco Sardi, Antonello Salis, non costituitisi in giudizio;

dell’Assessorato regionale della Pubblica Istruzione, in persona dell’assessore pro-tempore, non costituitosi in giudizio;

dell’arch. Paolo Scarpellini, dell’arch. Stefano Gizzi, del dott. Vincenzo Santoni; del prof. Ignazio Camarda, della prof.ssa Maria Antonietta Mongiu, dell’arch. Sandro Roggio, del prof. Raimondo Zucca, non costituiti in giudizio;

di Cocco Raimondo costruzioni, in persona del legale rappresentante, rappresentato e difeso dagli avv.ti Stefano Ballero e Benedetto Ballero ed elettivamente domiciliato in Cagliari, corso Vittorio Emanuele n. 76;

per l’annullamento, quanto al ricorso introduttivo,

– della determinazione del 11 gennaio 2007, n. 4 con la quale il Direttore del servizio tutela del paesaggio di Cagliari dell’Assessorato regionale della P.I. ha stabilito di inibire per 90 giorni tutti i lavori riferibili ad opere pubbliche o a carattere privato nella zona Tuvixeddu- Tuvumannu e di sospendere tutti i lavori riferibili alle stesse opere;

– della direttiva del 11 gennaio 2007 n. 19/GAB/XIV.12.2 impartita dall’Assessore regionale della P.I. al Direttore generale del servizio tutela del paesaggio di Cagliari;

– delle disposizioni del 9 gennaio 2007 impartite dal Presidente della regione all’assessorato regionale della P.I., relativo alla inibizione e sospensione dei lavori in corso a Tuvixeddu- Tuvumannu.

Quanto ai motivi aggiunti, depositati il 9 maggio 2007:

– del provvedimento del 21.2.2007, con il quale la Commissione regionale per il paesaggio per la Sardegna, ai sensi dell’art. 138 del D.Lgs. n. 42/2004 ha proposto che il contesto Tuvixeddu-Tuvumannu-Is Mirrionis, sia dichiarato di notevole interesse pubblico;

– della deliberazione della Giunta n. 51/12 del 12.12.2006, recante "Istituzione della Commissione regionale prevista dall’art. 137 del D.Lgs. 22 gennaio 2004 n. 42″;

– degli atti con i quali l’amministrazione regionale ha chiesto che, a norma dell’art. 138 del D. Lgs. n. 42/2004 la Commissione regionale, di cui all’art. 137 formulasse una proposta di dichiarazione di notevole interesse pubblico dell’area Tuvixeddu- Tuvumannu;

– dell’atto del 10 gennaio 2007, con il quale il Direttore generale dell’assessorato regionale della P.I. ha convocato la Commissione regionale di cui all’art. 137 del codice Urbani;

– dell’atto del 15 gennaio prot. n. 335 con il quale il Direttore del servizio Tutela del paesaggio di Cagliari ha comunicato che l’amministrazione regionale – Assessorato della P. I. – ha avviato il procedimento di dichiarazione di notevole interesse pubblico della suddetta zona;

– dei verbali della Commissione regionale per il paesaggio e di tutte le valutazioni e le determinazioni ivi contenute;

– di tutte le riunioni della commissione regionale di cui all’art. 137 del codice Urbani;

– del "Regolamento interno" per i lavori della suddetta commissione regionale;

quanto ai secondi motivi aggiunti, depositati il 16 ottobre 2007:

  • della delibera della Giunta regionale della Sardegna che ha approvato la proposta della commissione regionale di vincolo, che ha dichiarato di notevole interesse pubblico paesaggistico l’area di Tuvixeddu- Tuvumannu -Is Mirrionis n. 31/12 del 22 agosto 2007, che ha approvato le controdeduzioni alle osservazioni presentate dai soggetti interessati alla proposta di vincolo e che ha dato mandato agli assessori competenti affinché venga rapidamente realizzato, anche in collaborazione col comune di Cagliari, il progetto di tutela, conservazione ripristino delle suddette aree secondo le indicazioni di cui allo studio del prof. Gilles Clement;

VISTO l’atto di intervento ad adiuvandum della società Cocco Raimondo depositato in data 14 settembre 2007;

Visto il ricorso con i relativi allegati;

VISTI i motivi aggiunti;

Visti gli atti tutti della causa;

Nominato relatore per la pubblica udienza del 14 novembre 2007 il consigliere Rosa Panunzio;

UDITI i difensori delle parti, come da separato verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

F A T T O

 

L’area di Tuvixeddu – Tuvumannu -Is Mirrionis, ricadente nell’ambito del centro urbano di Cagliari e oggetto del provvedimento di riqualificazione urbana, è vasta circa 48 ettari. Sul versante ovest di Tuvixeddu si trova una importante necropoli fenicio-punica e romana, sulla quale esiste un vincolo archeologico ex artt. 1, 3 e 21 della legge 1089/1939. Il vincolo riguardava prima una piccola area, ma è stato successivamente allargato fino a coprire l’intera area interessata dalla necropoli d’estensione di circa 12 ettari, protetta in parte da vincolo diretto ed in parte da vincolo indiretto.

Sin dal 1997, il complesso di cui sopra è stato vincolato quasi per intero ai sensi della legge 1497/1939 (vincolo paesaggistico).

A fine anni 70′ il comune di Cagliari ha realizzato, ai margini della suddetta zona, due interventi di edilizia economica e popolare, occupando vaste aree di proprietà privata.

L’area è stata per lungo tempo utilizzata per attività di cava ed stata anche oggetto di dimore abusive occasionali.

La società Coimpresa, ha sottoposto all’attenzione del comune un progetto di "Riqualificazione urbana e ambientale dei colli di S.Avendrace". Il consiglio comunale di Cagliari con deliberazione 1 ottobre 1997 n. 169 ha espresso parere favorevole sulla proposta urbanistica presentata dalla Compresa riguardo al PIA di cui alla L.R. 14/1996, ha invitato il Sindaco a stipulare l’accordo di programma ed a ricercare una proposta transattiva extra giudiziale del contenzioso esistente con i proprietari delle aree interessate dagli interventi di E.E.P.

Nel frattempo, il 16.10.1997, la Commissione provinciale per la tutela delle bellezze naturali della provincia di Cagliari, costituita ai sensi dell’articolo 2 della legge 1497/1939 e dell’articolo 33 della legge regionale n. 45/1989, aveva apposto il vincolo paesaggistico di cui all’articolo 1, n. 3 e 4 della legge 1947/1939 su un’ampia area che comprende quasi per intero i colli di Tuvixeddu- Tuvumannu, da via San Avendrace sino a Piazza D’Armi.

Per effetto di questo provvedimento della Commissione provinciale, tutti i progetti di modificazione dei luoghi sono stati accompagnati dall’autorizzazione prevista, dapprima, all’articolo 7 della legge 1497/1939, quindi dall’articolo 151 del decreto legislativo n. 490/1999 e, oggi, dall’articolo 146 del decreto legislativo n. 42/2004.

Il progetto della società Nuove Iniziative Coimpresa, in particolare, sottoposto all’esame dell’Ufficio Tutela del paesaggio, costituito presso l’Assessorato regionale alla Pubblica Istruzione, ha ottenuto l’autorizzazione n. 3015 del 27/5/1999. In tale provvedimento si articolano una serie di considerazioni molto favorevoli rispetto al progetto, in particolare si sottolinea che è apprezzabile la scelta di ridefinire totalmente il comparto e che "l’intervento progettato consente di ricucire un brano del tessuto urbano particolarmente significativo nel contesto cittadino".

Il progetto del parco di Tuvixeddu aveva acquisito il parere della sovrintendenza archeologica di Cagliari in data 20 ottobre 1998 n. 4904/1.

Tra i dati più significativi si rileva che la superficie complessivamente interessata all’intervento è di circa 48 ettari, di cui 34 sono destinati a standards e a zona H -parco archeologico, mentre i 14 residui ad insediamenti edilizi.

In data 27/6/2000, negli uffici del Servizio sistema informativo ambientale, valutazione impatto ambientale ed educazione ambientale (SIVEA), istituito presso l’Assessorato regionale difesa dell’ambiente, e competente in Sardegna per la procedura di valutazione di impatto ambientale, si è tenuta una conferenza istruttoria, alla quale hanno partecipato i rappresentanti dello stesso servizio, degli assessorati regionali alla pubblica istruzione e all’urbanistica, della sovrintendenza archeologica di Cagliari-OR, della soprintendenza ai beni ambientali di Cagliari-OR e dell’assessorato all’urbanistica del comune di Cagliari.

All’unanimità, la conferenza istruttoria ha approvato la relazione del Servizio (SIVEA) allegata al verbale ed ha escluso che l’intervento, per le sue caratteristiche dovesse essere sottoposto a procedura di VIA.

Il 25 luglio 2000 la Giunta regionale, con deliberazione n. 32/28, ha recepito il parere positivo della conferenza istruttoria del 27/6/2000 accogliendo la proposta dell’Assessore alla difesa dell’ambiente di concerto con quello della pubblica istruzione.

Con deliberazione n. 64 adottata il 25/7/2000, il consiglio comunale di Cagliari ha approvato la bozza di transazione proposta, nell’ambito dell’accordo di programma dalla Coimpresa e da altri proprietari coinvolti dagli espropri; in virtù di questa proposta il contenzioso esistente è stato definito con un esborso complessivo di 43 miliardi, a fronte di 63 miliardi di debito che risultavano a carico del comune di Cagliari.

In data 15/9/2000 è stato sottoscritto l’accordo di programma quadro tra il comune di Cagliari, la Regione Autonoma dalla Sardegna, l’Assessorato regionale degli enti locali, la Società Iniziative Coimpresa, le signore Rosanna e Pier Franca Sotgiu, la Edilstrutture sas e la signora Anna Maria Mulas, concernente "progetto di riqualificazione urbana ed ambientale dei Colli di S. Avendrace PIA CA 17 Sistema dei Colli."

L’art. 3, comma 1, primo alinea, dell’accordo di programma stabilisce che la Regione Autonoma dalla Sardegna conferma il finanziamento di cui alla bozza di accordo del PIA CA 17 Sistema dei Colli allegato b), attraverso gli assessorati competenti, si impegna a mettere a disposizione del comune di Cagliari la somma di 12 miliardi per la realizzazione del Parco Archeologico Urbano.

Il 3/10/2000 è stato, quindi, stipulato un accordo di programma inerente al PIA CA 17, autonomo rispetto all’accordo di programma del 15/9/2000, ma collegato ad esso. L’accordo di programma connesso al PIA CA è stato adottato con delibera di giunta regionale n. 37/1 del 13/9/2000 ed è stato sottoscritto dal Presidente della regione Sardegna, dagli Assessori regionali della programmazione, degli enti locali, dei lavori pubblici e della pubblica istruzione, beni culturali, informazione, spettacolo e sport, dall’amministrazione provinciale di Cagliari, dal comune di Cagliari e dalla società Coimpresa.

Con deliberazione n. 114 del 10.10.2000 il Consiglio comunale di CA ha ratificato l’accordo di programma del 15.9.2000.

Con decreto 21 novembre 2000 n. 180 il Presidente della giunta regionale ha approvato l’accordo di programma relativo al PIA CA 17, mentre con successivo decreto del 29 dicembre 2000 n. 208 lo stesso Presidente ha approvato l’accordo di programma quadro.

Il 17.5.2002 e il 25.5.2003 si è tenuta una conferenza di servizi convocata dal comune di Cagliari, ai sensi dell’art. 7 della legge 109/1994, per ottenere il parere di tutte le amministrazioni interessate in ordine al progetto delle opere di urbanizzazione primaria predisposto dalla società N.I. Coimpresa; tutte le amministrazioni interessate, compresa la Sovrintendenza archeologica, hanno espresso parere favorevole.

Con convenzione sottoscritta il 5.6.2003 la società N.I. Coimpresa ha ceduto al comune le aree occorrenti per la viabilità, i parcheggi, il verde pubblico, il parco archeologico ed i servizi connessi alle residenze. Inoltre la medesima convenzione ha individuato le aree di proprietà privata destinate ad uso pubblico.

Il 26.11.2003, con la consegna dei lavori per la costruzione del parco archeologico urbano di Tuvixeddu, ha avuto inizio l’attuazione del progetto di riqualificazione urbana ed ambientale dei Colli di S. Avendrace comprendente anche la viabilità di penetrazione urbana via Cadello – via S. Paolo e d’interconnessione tra l’asse mediano di scorrimento, l’asse litoraneo e le SS 130, 131, 195 e 554 i cui lavori sono stati consegnati il 3.10.2005 – il museo archeologico- i cui lavori sono stati consegnati il 29.12.2005 e gli interventi dei privati.

In data 14 ottobre 2005 il Presidente della giunta regionale, il Sindaco di Cagliari ed la società Coimpresa sottoscrivono un atto preventivo di intesa per la individuazione di tratti di viabilità di interesse urbano relativi al PIA, nel quale convengono che non si ritiene essenziale, per la validità dell’iniziativa nel suo complesso, la realizzazione dell’ultimo tratto della viabilità di piano, individuato come 3° lotto.

Con delibera della Giunta regionale n. 22/3 del 24.5.2006 è stato adottato il PPR, definitivamente approvato con delibera n. 36/7 del 5.9.2006, con tale strumento è stata ampliata l’area già sottoposta a vincolo paesaggistico.

Con decreto 9 agosto 2006 n. 2323 l’assessore regionale della pubblica istruzione ha dichiarato di notevole interesse pubblico, ai sensi dell’art.140 del D.Lgs. 22 gennaio 2004 n. 42 la zona di Tuvixeddu- Tuvumannu; con successivo decreto del 12 ottobre 2006 n. 2836 lo stesso assessore ha parzialmente modificato il precedente decreto. Tali atti sono stati impugnati davanti al TAR dall’attuale ricorrente con ricorso n. 856/2006.

Nella camera di consiglio del 15 novembre 2006, fissata per la decisione della domanda cautelare, la regione ha depositato in giudizio il decreto del 14 novembre con il quale l’assessore ha revocato questi decreti.

Con determinazione del 11 gennaio 2007 n. 4 il direttore del Servizio regionale tutela del paesaggio di Cagliari (a seguito della direttiva impartitagli dall’Assessore della pubblica istruzione) ha inibito e sospeso tutti i lavori relativi alle opere pubbliche e private in corso di realizzazione nel colle di Tuvixeddu – Tuvumannu.

Contro tale determinazione è stata proposto ricorso giurisdizionale, deducendo i seguenti motivi di censura:

  1. violazione degli artt. 12, 15 e 16 della l.r. 22 agosto 1990 n. 40 e degli artt. 7, 8 e segg. della legge 7 agosto 1990 n. 241;
  2. violazione degli artt. 8, 21,22,23, 24 e 25 della l.r. 13 novembre 1998, n. 31, incompetenza, eccesso di potere per sviamento;
  3. Violazione e falsa applicazione dell’art. 21, comma 5, della l.r. n. 31/1998, eccesso di potere per illogicità e difetto di motivazione;
  4. Violazione e falsa applicazione degli art. 150 e 157 del D. Lgs. 22 gennaio 2004 n. 42, eccesso di potere per falsità dei presupposti, illogicità, contraddittorietà e difetto di motivazione;
  5. Violazione e falsa applicazione dell’art. 59 delle NTA del piano paesaggistico;
  6. Violazione dell’art. 159, comma 2, del D.Lgs. n. 42/2004;
  7. Violazione dell’art. 15, commi 1 e 2 lett. A), delle NTA del PPR;
  8. Violazione dell’art. 21, comma 5, della l.r. n. 31/1998, eccesso di potere per illogicità, contraddittorietà e difetto assoluto di motivazione;
  9. Violazione dell’art. 15 legge n. 241/1990, anche in relazione all’art. 11 della stessa legge, eccesso di potere;
  10. Violazione dell’accordo di programma del 15 settembre 2000 e dell’accordo di programma del 3 ottobre 2000, delle norme di legge in base alle quali sono stati predisposti e stipulati e dei principi generali in tema di accordi di programma e di programmazione negoziata, violazione dell’art. 1175, 1176, 1372, 1373 e 1375 del c.c., eccesso di potere per contraddittorietà, falsità dei presupposti, illogicità e difetto assoluto di motivazione.

Con determinazione del 27 febbraio n. 215 il Direttore del servizio tutela del paesaggio ha revocato il provvedimento impugnato.

In precedenza, con deliberazione n. 51/12 del 12.12.2006, adottata ai sensi dell’art. 137 del D.Lgs. 42/2004, la giunta aveva istituito una commissione regionale con il compito di formulare proposte per la dichiarazione di notevole interesse pubblico degli immobili di cui all’art. 136 del codice Urbani.

Con deliberazione n. 1/2 del 9.1.2007 la giunta ha incaricato l’assessore regionale della P.I. di fare quanto necessario per estendere il progetto di parco archeologico e di museo fenicio punico della zona di Tuvixeddu, in vista di una successiva espropriazione.

La commissione regionale è stata convocata il 10.1.2007, si è poi riunita sette volte ed infine, il 21.2.2007, con otto voti favorevoli ed il voto contrario del sovrintendente per i beni archeologici di CA e OR, ha approvato la proposta di dichiarazione di notevole interesse pubblico dell’area di Tuvixeddu.

Contro tale provvedimento e contro tutti gli atti del procedimento la società Coimpresa ha proposto motivi aggiunti depositati il 9 maggio 2007.

Con delibera della Giunta del 22 agosto n. 31/12 è stata, infine, approvata la proposta della Commissione regionale di dichiarazione di notevole interesse pubblico paesaggistico dell’area di Tuvixeddu- Tuvumannu -Is Mirrionis e, con la stessa, è stato dato mandato agli assessori competenti affinché fosse rapidamente realizzato, anche in collaborazione col comune di Cagliari, il progetto di tutela, conservazione ripristino delle suddette aree secondo le indicazioni di cui allo studio del prof. Gilles Clement.

Contro tale ultima deliberazione ha proposto la stessa società secondi motivi aggiunti depositati il 16 ottobre 2007.

Le censure dedotte con i primi e secondi motivi aggiunti sono le seguenti.

1) violazione e falsa applicazione dell’art. 137 del D. Lgs. 22 gennaio 2004 n. 42 e dell’art. 33 della l.r. 22 dicembre 1989 n. 45, eccesso di potere per difetto di motivazione, incompetenza, illegittimità derivata. L’art. 137 del D. Lgs. n. 42/2004 attribuisce alle regioni il compito di nominare una o più commissioni perché formulino le loro proposte per la dichiarazione di notevole interesse pubblico degli immobili. La disciplina di cui al suddetto decreto deve essere attuata con una legge regionale che stabilisca il numero, le modalità di nomina dei componenti, l’organo regionale che deve procedere alla nomina; nel frattempo deve applicarsi l’art. 33, comma 4, della l.r. n. 45/1989, concernente le commissioni provinciali;

2) incompetenza della giunta regionale in violazione dell’art. 8 della legge regionale n. 31/1994. La nomina della commissione è di competenza dei dirigenti e non dell’organo politico;

3) violazione dell’art. 137 del D. LGS 42/2004 eccesso di potere per illogicità, contraddittorietà e difetto di motivazione, illegittimità derivata; con la delibera di giunta n. 51/12 del 12.12.2006 si è stabilito che in tutta la Sardegna ci sarà un’unica commissione che opererà, di volta in volta, convocando i membri aventi la specifica competenza territoriale; pertanto, sono stati estromessi dalle sedute della commissione i direttori dei servizi tutela del paesaggio di OR, Sassari e Nuoro, il sovrintendente per i beni architettonici e per il paesaggio per le province di Sassari e Nuoro e il sovrintendente per i beni archeologici per le province di Sassari e Nuoro, i quali non hanno, quindi, partecipato alle riunioni: trattandosi di un’unica commissione regionale la sua competenza territoriale si estende all’intera isola, quindi, dovevano ritenersi componenti necessari della stessa i soggetti sopra elencati ed illegittimamente estromessi;

4) violazione e falsa applicazione dell’art. 137, comma secondo, del d.lgs. 22 gennaio 2004 n. 42, illegittimità del procedimento di scelta dei componenti della commissione regionale; l’articolo 137, comma 2, del decreto legislativo n. 42/2004 prescrive che l’individuazione dei componenti la commissione deve avvenire "nell’ambito di terne designate, rispettivamente dalle Università aventi sede della regione, dalle fondazioni aventi per statuto finalità di promozione e tutela del patrimonio culturale e dalle associazioni portatrici di interessi diffusi individuate ai sensi dell’articolo 13 della legge 8 luglio 1986, n. 349″; la previsione di un termine prima della scadenza del quale la regione non può procedere alle nomine al di fuori delle terne, appare significativa della obbligatorietà in capo alla regione di richiedere agli enti indicati la formazione delle terne di nominativi;

5) violazione e falsa applicazione dell’art. 137, comma 2, del D.Lgs. 22 gennaio 2004 n. 42, con particolare riferimento alla qualificata, pluriennale e documentata esperienza nella tutela del paesaggio dei componenti di nomina discrezionale della regione; dai curricula risulta che nessuno dei componenti esterni della commissione nominata dalla giunta, aveva una documentata professionalità ed esperienza nella tutela del paesaggio;

6) violazione dell’accordo di programma del 15 settembre 2000 e dell’accordo di programma del 3 ottobre 2000, delle norme di legge in base alle quali essi sono stati predisposti e stipulati e dei principi generali in tema di "accordo di programma" e di " programmazione negoziata", violazione degli artt. 1175, 1176, 1372 e 1375 del c.c., eccesso di potere per contraddittorietà, falsità dei presupposti, illogicità e difetto assoluto di motivazione e sviamento, illegittimità derivata; già nell’agosto del 2006 si era manifestata da parte dell’assessore regionale della P.I. la volontà di impedire l’esecuzione dell’accordo di programma. Con il vincolo impugnato ormai è resa impossibile la realizzazione di due accordi di programma, con la conseguenza che si ritorna alla situazione giuridica precedente, non si potrà più realizzare il parco archeologico ed il relativo museo. Il danno sarebbe per tutta la collettività, ma la regione non può sottrarsi legittimamente alle obbligazioni contratte con l’approvazione e la sottoscrizione dei due accordi. Attraverso tali accordi ciascuna amministrazione autolimita la propria discrezionalità per ottenere che la sua competenza si sviluppi in armonia con quelle parallele. Il carattere obbligatorio degli accordi sussiste sia che si acceda alla tesi della loro natura negoziale sia alla tesi della loro natura pubblicistica. Il potere esercitato prima della stipulazione dell’accordo può ritenersi pubblico, ma una volta concluso lo stesso, si applica il diritto privato. L’inadempimento all’accordo costituisce un vero e proprio inadempimento contrattuale e, pertanto, obbliga le amministrazioni inadempienti a risarcire i danni. L’amministrazione regionale non ha tenuto conto del preesistente vincolo paesaggistico né degli accordi di programma, né delle autorizzazioni già rilasciate. Infine, la richiesta di introduzione del vincolo non era diretta ad istituire un corretto vincolo paesaggistico, ma solo a fare venire meno la validità dei due accordi di programma ed impedirne la realizzazione.

7) violazione e falsa applicazione dell’art. 138 del D.Lgs 42/2004 e dei principi generali in tema di funzionamento dei collegi perfetti, violazione dell’art. 14 del regolamento interno della commissione. Alcuni componenti della commissione non hanno partecipato alle deliberazioni e si sono fatti sostituire da delegati, secondo quanto previsto illegittimamente dalla delibera n. 51/12 del 12.12.2006 che prevede, per l’appunto, che ciascun componente di diritto della commissione può farsi sostituire da un suo delegato; trattasi di collegio perfetto, pertanto, le operazioni della commissione dovevano essere svolte dal plenum dei componenti perché esse si concretano in valutazioni di carattere tecnico-discrezionale che non possono prescindere, per la corretta formazione del processo decisionale, dal contributo necessario ed infungibile di tutti i suoi componenti;

8) violazione e falsa applicazione dell’art. 138, primo comma, del d.lgs. n. 42/2004, eccesso di potere per omessa consultazione del comune di Cagliari. La norma richiamata prevede la consultazione sostanziale del comune di Cagliari nell’ambito dell’attività istruttoria, diretta all’acquisizione degli elementi necessari per la dichiarazione di notevole interesse pubblico: nelle due audizioni del 29 gennaio 2007 e del 21 febbraio 2007, i rappresentanti del comune di Cagliari hanno evidenziato che esistevano importanti lavori in corso e che il venir meno dell’accordo di programma avrebbe comportato danni ingenti. In realtà, il comune è stato semplicemente informato delle decisioni già assunte. L’art. 132 del D.lgs. n. 42/2004 prevede che le amministrazioni pubbliche cooperino per la definizione di indirizzi e criteri riguardanti le attività di tutela, pianificazione, recupero, riqualificazione e valorizzazione del paesaggio e di gestione dei relativi interventi, ma dai verbali delle sedute della commissione è emerso che già il 29 gennaio 2007, la commissione regionale aveva elaborato una dettagliata proposta di deliberazione di notevole interesse pubblico senza aver ancora consultato il comune di Cagliari. La richiesta del sindaco di poter consultare il Consiglio comunale è stata del tutto ignorata e nella seduta del 21 febbraio è stata sollevata la questione di una ulteriore audizione del Sindaco vista la inesistente precedente consultazione. Ma la seconda audizione viene fatta quando l’istruttoria è conclusa ed è stato approvato lo schema di proposta;

9) violazione e falsa applicazione dell’art. 138 del d.lgs. 22 gennaio 2004 n. 22, violazione degli artt. 2 e 9 del "Regolamento interno per i lavori della commissione regionale", eccesso di potere per insussistenza e falsità dei presupposti ai fini dell’adozione della proposta di dichiarazione di notevole interesse pubblico dell’area di Tuvixeddu – Tuvumannu, illogicità, contraddittorietà, difetto di istruttoria e di motivazione; la commissione non ha svolto una adeguata istruttoria, non solo non ha acquisito tutte le informazioni attraverso le soprintendenze e gli uffici regionali e provinciali, ma addirittura alcuni suoi membri hanno formato l’istruttoria preventivamente ed all’esterno. La proposta non è stata corredata da alcuna documentazione fotografica, dalla lettura dei verbali emerge che l’intendimento della commissione era pregiudizialmente quello di aggravare il vincolo preesistente senza la preliminare obbligatoria istruttoria. Lo stesso sopralluogo effettuato dalla commissione non ha riguardato l’area della società ricorrente;

10) eccesso di potere per difetto di istruttoria, falsità dei presupposti, illogicità, contraddittorietà e difetto di motivazione; la commissione ha utilizzato criteri di valutazione di natura archeologica, ha utilizzato criteri labili imprecisi ed immotivati per determinare l’estensione dell’area sottoposta a vincolo e la sua estensione; ha espresso le sue valutazioni senza tenere conto dei preesistenti vincoli paesaggistici ed archeologici, non ha tenuto conto che le aree di edilizia privata, che occupano ambiti periferici rispetto ai luoghi di interesse archeologico e paesaggistico, hanno una evidente funzione di cerniera fra le zone tutelate e l’apparato urbano che le circonda, non ha tenuto conto che le trasformazioni urbanistiche ed edilizie che si sono succedute nel tempo hanno confermato l’inesistenza di ritrovamenti di particolare rilevanza archeologica, al di fuori del perimetro coperto dal vincolo archeologico, né che nell’areale in questione non esiste alcun Sito di Interesse Comunitario e che la maggior parte degli habitat citati non solo sono assenti, ma non vengono citati nell’elenco floristico di B. De Martis, opera utilizzata dalla commissione come documento bibliografico di riferimento. Non ha fatto alcuna analisi e valutazione dell’area interessata in relazione agli aspetti urbani, urbanistici, residenziali dell’insediamento umano presente ed ha motivato la propria proposta dando rilievo alla storia del sito. Ha proposto una perimetrazione non coerente con la valenza storico-culturale che la stessa commissione ha dato all’area in oggetto, etc.;

11) violazione dell’art. 15 del "Regolamento interno dei lavori della commissione regionale", eccesso di potere per illogicità, contraddittorietà e difetto di motivazione. In violazione dell’articolo citato la proposta ha determinato un impedimento assoluto alla realizzazione della quasi totalità degli interventi previsti dai due accordi di programma,

12) violazione dell’art. 138 del d. lgs. 42/2004, eccesso di potere per illogicità, contraddittorietà, difetto di istruttoria e difetto di motivazione; la commissione avrebbe dovuto dare congrua motivazione in ordine alle ragioni dell’ampliamento del vincolo, spiegando esaurientemente perché il vincolo esistente deve ritenersi inadeguato.

A seguito della deliberazione della giunta regionale n. 31/12 del 22 agosto 2007, con la quale è stata approvata la proposta della commissione regionale per il paesaggio (oggetto del ricorso introduttivo), la società ricorrente propone secondi motivi aggiunti, espressamente rivolti contro l’ultimo atto impugnato con i quali deduce:

13) violazione dell’art. 140 del d. lgs. n. 42/2004 e dell’art. 8 della l.r. 13 novembre 1998 n. 31, incompetenza; la giunta è incompetente ad adottare la delibera impugnata, nel caso di specie, la stessa andava assunta dal dirigente, in virtù dell’articolo 8, comma 4, della legge regionale n. 31/1998, difatti solo i dirigenti sono responsabili dell’attività amministrativa, della gestione e dei relativi risultati e non sussiste nessuna specifica disposizione di legge regionale che deroghi a tale principio;

14) violazione dell’art. 140 del d. lgs. n. 42/2004 e dei principi generali di cui all’art. 97 della costituzione, in tema di imparzialità e buon andamento dell’amministrazione; ai lavori della giunta regionale, e quindi all’approvazione della proposta, ha partecipato la prof.ssa Mongiu in qualità di assessore regionale della P.I., ma la stessa era stata componente della commissione regionale per il paesaggio, che aveva formulato la proposta di dichiarazione di notevole interesse pubblico dell’area in questione, per la sua presenza la giunta non poteva trovarsi in una condizione di imparzialità;

15) illegittimità derivata; tutti i vizi della proposta di dichiarazione di notevole interesse pubblico paesaggistico dell’area di Tuvixeddu – Tuvumannu – Is Mirrionis, denunciati con i primi motivi aggiunti, si riverberano sulla delibera di approvazione della stessa da parte della giunta regionale, in ogni caso, il sopralluogo effettuato dal Collegio ha potuto verificare quanto sostenuto nel ricorso in relazione alla mancata considerazione dell’effettivo stato dei luoghi;

16) violazione e falsa applicazione dell’art. 138, comma 2 del d. lgs. 42/2004 e dell’art. 11 della l. r. 22 dicembre 1989 n. 45; la dichiarazione di notevole interesse pubblico fatta dalla giunta con la deliberazione 22 agosto 2007 n. 31/12, sulla base della proposta della commissione regionale, non costituisce parte integrante del PPR;

17) violazione degli art. 139 e 140 del D.Lgs. 42/2004; la regione non ha esaminato né tenuto conto delle osservazioni prospettate dalla società ricorrente, dal comune di Cagliari e da altra parte privata;

18) violazione degli art. 139 e 140 del d. lgs. 42/2004, eccesso di potere per illogicità, contraddittorietà, difetto di istruttoria e difetto di motivazione, incompetenza; non è stata indetta l’inchiesta pubblica;

19) eccesso di potere per falsità dei presupposti, illogicità, difetto di motivazione e sviamento. L’amministrazione regionale, nella stessa delibera con la quale ha approvato la proposta di vincolo, ha dato mandato agli assessori competenti "perché venga rapidamente realizzato, anche in collaborazione con il comune di Cagliari, il progetto di tutela, conservazione e ripristino delle aree di Tuvixeddu – Tuvumannu – Is Mirrionis secondo le indicazioni contenute nello studio del prof. Gilles Clement". In tal modo la regione, con gravissimo sviamento di potere, dimostra di volere realizzare un altro progetto, svincolandosi dagli impegni assunti con gli accordi di programma. Un progetto che, pur predisposto prima dell’emanazione del provvedimento di vincolo, sarebbe compatibile con la nuova disciplina. E’ evidente lo sviamento di potere, esercitato per perseguire un fine diverso rispetto alla sua causa tipica. La regione, in sostanza, contraddicendo a quanto fino a quel momento era stato deciso con altre amministrazioni locali e altri soggetti privati, affida privatamente ad un professionista il compito di elaborare un progetto alternativo rispetto a quello in fase di attuazione, che nessuno dei competenti Assessorati e Direzioni generali regionali conosce.

Si è costituita in giudizio l’amministrazione regionale intimata che, per il tramite dei suoi difensori, controdeduce alle tesi esposte nel ricorso e nei motivi aggiunti e ne chiede il rigetto, con vittoria di spese.

Si è costituita in giudizio anche l’amministrazione statale intimata che, per il tramite della difesa erariale, eccepisce pregiudizialmente il proprio difetto di legittimazione passiva e, nel merito, contesta le tesi esposte in ricorso e ne chiede il rigetto.

Si è costituito in giudizio anche il Comune di Cagliari che chiede di essere sollevato da qualunque responsabilità che la società privata dovesse avanzare nei suoi confronti.

Con ordinanza collegiale n. 102/2007 è stato disposto un sopralluogo nelle aree oggetto della controversia, al quale hanno partecipato i difensori e i tecnici della società ricorrente. Il relativo verbale è stato sottoscritto per presa visione ed adesione dai rappresentanti delle parti, nonché dai rappresentati della regione che hanno inserito, nello stesso, alcune osservazioni.

Il sopralluogo è stato effettuato dal Collegio in data 20/9/2007, unitamente ai difensori delle parti: delle relative operazioni è stato redatto, dalla segretaria, apposito verbale, allegato agli atti di causa.

Alla pubblica udienza del 14.11.2007, presenti i difensori delle parti, dopo ampia discussone, la causa è stata assunta indecisione dal Tribunale.

D I R I T T O

Con il presente ricorso e con i motivi aggiunti contesta la società Nuove Iniziative Coimpresa il vincolo apposto dalla Giunta regionale, su proposta della Commissione regionale per il paesaggio, ad una vasta area denominata Tuvixeddu – Tuvumannu e Is Mirrionis posta nel centro urbano della città.

 

Si esamina, in quanto pregiudiziale, l’eccezione sollevata dall’Avvocatura dello Stato in difesa delle amministrazioni statali intimate.

Assume la difesa erariale che gli atti impugnati non sono riferibili al resistente Ministero, pertanto lo stesso non può ritenersi soggetto legittimato passivo.

Ritiene il Collegio che l’eccezione sia infondata.

I provvedimenti impugnati non sono riconducibili all’amministrazione statale, come soggetto emanante, trattandosi di atti di competenza regionale, tuttavia l’amministrazione statale ha partecipato attivamente al procedimento nell’ambito della commissione regionale per il paesaggio, dove era rappresentata dai propri sovrintendenti di Ca e Or (beni paesaggistici ed archeologici): costoro hanno avuto un ruolo partecipativo rilevante nell’ambito delle decisioni assunte, come ben può rilevarsi dalla lettura dei verbali delle sedute della suddetta commissione, si ritiene, pertanto, che l’Amministrazione sia stata correttamente evocata in giudizio e non possa dallo stesso essere estromessa.

Nel procedere all’esame del ricorso, deve essere precisato che il gravame introduttivo è stato proposto contro la determinazione del 11 gennaio 2007 n. 4 con la quale il direttore del Servizio tutela del paesaggio ha sospeso i lavori, i primi motivi aggiunti contro la "proposta " della Commissione del paesaggio (e contro tutti gli atti del procedimento che l’hanno preceduta), mentre i secondi motivi aggiunti sono stati proposti contro la delibera definitiva della giunta regionale di approvazione della suddetta proposta.

Il ricorso introduttivo con le relative censure può essere dichiarato improcedibile per cessata materia del contendere, avendo il Direttore regionale del servizio tutela del paesaggio di Cagliari provveduto, con determinazione del 27 febbraio 2007, n. 215 alla revoca della determinazione del 11 gennaio 2007, n. 4, con la quale il Direttore del servizio tutela del paesaggio di Cagliari aveva stabilito di inibire per 90 giorni tutti i lavori riferibili ad opere pubbliche o a carattere privato nella zona Tuvixeddu- Tuvumannu e di sospendere tutti i lavori riferibili alle stesse opere.

Si passa, quindi, all’esame delle censure di cui ai motivi aggiunti.

Nei secondi motivi aggiunti, oltre a specifiche censure relative alla delibera regionale di approvazione della proposta, sono state riprodotte tutte le censure contenute dei primi motivi aggiunti: questo chiarimento al fine di procedere all’esame delle censure nella sola stesura di cui agli ultimi motivi dedotti.

Il Collegio, atteso il consistente numero delle censure prospettate, ritiene che le stesse possano essere associate per temi connessi.

A) Il primo gruppo che si esamina attiene ad aspetti "formali" relativi alla procedura di nomina della Commissione e riguardano specificamente la delibera n. 51/12 del 12.12.2006.

Sostiene la società ricorrente che: a) che la commissione de qua debba essere istituita con legge regionale o con regolamento (motivo 1 ); b) che la giunta sia incompetente alla nomina dei componenti della commissione, che spetta, invece, ai dirigenti (motivo 2); c) che la sua composizione è illegittima in quanto, essendo un’unica commissione regionale, della stessa dovevano fare parte anche i sovrintendenti di SS e Nu e che, comunque, i membri esterni dovevano essere scelti fra "terne" (motivo 3 e 4); d) che i soggetti nominati non possiedono la professionalità necessaria in materia di tutela del paesaggio (motivo 5).

In relazione alle censure indicate sub a) assume, la società interessata che, per completare la cornice normativa delineata dalla normativa statale di cui all’art. 137 del D.Lgs. n. 42/2004, sia necessario assumere un atto generale ed astratto.

La censura, ad avviso del Collegio, è fondata e deve, pertanto, essere accolta.

In relazione alle censure indicate sub a) e c) assume, il comune interessato che la definizione della disciplina finalizzata a rendere operativo ed a completare il quadro dei principi sanciti dalla normativa statale di cui all’art. 137 del D.Lgs. n. 42/2004, avrebbe imposto alla Regione l’approvazione di un atto generale ed astratto (legge o regolamento) e non l’adozione di un mero provvedimento.

La censura, ad avviso del Collegio, è fondata e deve, pertanto, essere accolta.

Il criterio che deve essere seguito per giungere all’individuazione della fonte normativa destinata a regolare la costituzione ed il funzionamento della Commissione é quello che parte dall’esame del quadro normativo di riferimento statale e regionale vigente.

In particolare l’art. 137 del codice Urbani prevede l’istituzione di Commissioni regionali con il compito di formulare proposte per la dichiarazione di notevole interesse pubblico degli immobili e delle aree che possiedono tale qualità, indica quale sia la loro composizione e, all’ultimo comma, prescrive che fino all’istituzione delle stesse, le relative funzioni sono esercitate dalle commissioni istituite ai sensi della normativa previgente per l’esercizio di competenze analoghe.

In Sardegna operavano (rectius: operano) le commissioni provinciali per le bellezze naturali istituite in forza dell’art. 33 della l.r. n. 45 del 22.12.1989, poi modificato dall’art. 12 della l.r. n. 12.8.1998 n. 28.

La legge regionale, tuttora in vigore, ed illegittimamente modificata mediante l’adozione di un atto amministrativo, prevede che vi siano delle Commissioni "provinciali", disciplina la loro composizione, la procedura della loro nomina (decreto presidenziale, previa delibera di giunta), la possibilità per i componenti di nominare propri delegati ed indica, infine, nel consiglio regionale l’organo competente a nominare gli "esperti"; la scelta del legislatore regionale é stata, dunque, quella di imporre una forma di compartecipazione fra i diversi organi della regione nella fase costitutiva delle commissioni, mediante l’attribuzione di una specifica funzione al Consiglio regionale, attesa la rilevanza delle competenze di cui tale organo é titolare nella materia della tutela del paesaggio e degli interessi che coinvolge l’assunzione delle proposte di vincolo.

La normativa statale non prevede una particolare procedura per la istituzione delle Commissioni, né impone la scelta di una specifica fonte normativa per dare attuazione alla disciplina comune introdotta per tutte le regioni, lasciando, quindi, alla autonomia organizzativa delle regioni il compito di individuare, nell’ambito del proprio ordinamento, sia la fonte normativa sia l’organo che deve dare corso a tale adempimento.

E’ indubbio, tuttavia, che l’esercizio dell’autonomia regionale deve risultare coerente e non discostarsi irragionevolmente ed in modo sviato, sia rispetto al precedente quadro normativo locale, sia in relazione alla tipologia dell’organo da costituire.

A prescindere dal fatto, pure rilevante, che la stessa Giunta il 2 agosto 2005 aveva presentato al Consiglio regionale un disegno di legge, con il n. 161, avente ad oggetto proprio il recepimento dell’art. 137 del codice Urbani e la modifica, a tal fine, dell’art. 33 della l.r. n. 45/1989, ad avviso del Collegio, la rilevanza di tale Ufficio pubblico impone che le regole della sua costituzione siano fissate con un atto avente natura di legge o di regolamento.

Si tratta, in realtà, di un organismo non temporaneo, né straordinario od occasionale e nominato una tantum per una specifica finalità, ma di un vero e proprio ufficio pubblico all’interno dell’amministrazione regionale, che può essere centralizzato o decentrato, ausiliario dell’ente con determinanti funzioni stabili, incidenti su diritti soggettivi, di proposta sulla individuazione di beni immobili di notevole interesse pubblico, sul territorio regionale. Secondo il DPR 42/2004 i provvedimenti di dichiarazione di interesse pubblico paesaggistico sono recepiti dal piano paesaggistico e sono quindi idonei ad imporsi alla eventualmente difforme disciplina del piano paesaggistico, approvato con atto amministrativo (art. 140, comma 2) .

La scelta dell’articolazione dell’ufficio (unico e centralizzato o plurimo e decentrato), la definizione delle sfere di competenza, della natura giuridica del collegio e soprattutto la fissazione di regole certe e generali in ordine alla sua composizione, alla durata in carica ed al procedimento e modalità di nomina o di designazione dei singoli membri ed in particolare dei membri esterni (gli esperti che rivestono, nella stessa, un ruolo determinante) imponevano, in ossequio ai principi sanciti dall’art. 97 della Costituzione, il ricorso ad una fonte che garantisse la generalità e l’astrattezza della disciplina, come peraltro era avvenuto nel passato, in special modo ove si consideri che con l’adozione della delibera di giunta si è, nella sostanza, modificata una legge regionale tuttora vigente .

La consapevolezza, da parte dell’amministrazione intimata, di tale necessità è dimostrata dall’esistenza di un disegno di legge giacente presso il Consiglio regionale, mentre l’affermazione, contenuta nel provvedimento di nomina impugnato, che "risultano decadute .. e che pertanto occorre con urgenza provvedere alla nomina delle commissioni regionali…", dimostra un grave errore (forse strumentale) di lettura testuale.

L’ultimo comma dell’art. 137 prescrive, difatti, che "fino all’istituzione delle commissioni….le relative funzioni sono esercitate dalle commissioni istituite ai sensi della normativa previgente per l’esercizio di competenze analoghe".

Non si poneva, quindi, un problema di "decadenza", ma anzi la normativa statale nel prevedere la prosecuzione dell’attività delle precedenti commissioni senza soluzione di continuità, ha espressamente confermato la legittimità dell’esercizio della funzione ad esse attribuita, fino all’istituzione delle nuove.

Infine, a supporto della tesi qui sostenuta, si sottolinea che la norma statale, richiama la "normativa previgente" e, nella regione sarda, la materia è tuttora regolata con legge, sia per quanto riguarda l’istituzione delle commissioni, (art. 33 della l.r. n. 45 del 22.12.1989), sia laddove si è provveduto all’integrazione dei relativi componenti (art. 12 della l.r. n. 12.8.1998 n. 28).

Dal momento che le "nuove" commissioni sono sostitutive delle precedenti, la fonte normativa che deve regolarne costituzione e funzionamento non può che essere la stessa.

La commissione de qua è stata, invece, istituita con delibera della giunta regionale n. 51/12 del 12.12.2006 su proposta dell’assessore regionale della P.I., che ha anche indicato i nomi degli "esperti", quali componenti nominati dalla regione, atteso che gli altri erano componenti di diritto.

L’illegittimità della delibera istitutiva della commissione investe tutti i successivi atti del procedimento e, in particolare, tutti gli atti della commissione, compresa la proposta di vincolo, ma non solo, anche la delibera di giunta che approva tale proposta deve essere annullata per invalidità derivata.

Quanto detto comporta che non sarebbe necessario procedere all’esame degli altri motivi di illegittimità dedotti, ma, attesi i riflessi che le determinazioni contestate hanno per il territorio del comune di Cagliari, la imponente documentazione prodotta, la palese fondatezza di molte censure dedotte, il dispendio di energie e mezzi difensivi, la complessa ricostruzione dei fatti e dei luoghi che hanno indotto il Collegio a svolgere un sopralluogo, si ritiene opportuno procedere all’esame di alcuni motivi, seguendo il criterio sopra enunciato e cioè di aggregarli per connessione, ritenendo di poter assorbire gli altri.

Si riprende, quindi, con il gruppo di motivi indicati sub A).

La delibera n. 51/12 del 12.12.2006 è illegittima anche per l’ulteriore motivo (motivo n. 5) della carenza di idonea documentazione in relazione alle specifiche professionalità dei soggetti "esterni" nominati dalla giunta.

Si tratta di un motivo che, in realtà, si collega strettamente al vizio precedente in quanto le modalità di nomina dei membri della commissione risentono della mancanza di una fonte gerarchicamente superiore che avrebbe dovuto prevedere in astratto i requisiti ed i relativi criteri di valutazione , in linea con le prescrizioni contenute nel testo unico .

La mancanza di questa base normativa rende pleonastico il riferimento, nella delibera, alle norme del codice Urbani, secondo le quali le commissioni sono integrate da un numero di membri non superiore a quattro, aventi qualificata, pluriennale e documentata professionalità ed esperienza nella tutela del paesaggio, in quanto le nomine degli esperti "esterni" sono avvenute "visti i curricula", senza la predeterminazione di alcun criterio.

Assume la difesa della regione che, sia la scelta dei componenti la commissione sia la valutazione della loro professionalità, rientra tra le scelte discrezionali della pubblica amministrazione, in particolare cade in una sfera molto ampia di discrezionalità tecnica e che i soggetti nominati hanno tale professionalità.

Pur volendo accedere alla tesi della difesa, appare superfluo richiamarsi alla ben nota giurisprudenza secondo la quale, anche in caso di esercizio di discrezionalità tecnica, ed anzi a maggior ragione, laddove si applichino regole oggettivamente verificabili, esistono margini di sindacabilità giurisdizionale dell’attività amministrativa al limite più ampi di quelli riconosciuti in caso di potere discrezionale "puro".

In realtà, nella delibera non si dice neppure che tali soggetti possiedono tali requisiti, ma si rinvia semplicemente ai loro "curricula", che tuttavia non sono stati allegati alla delibera.

Nella memoria regionale di difesa si chiarisce, a posteriori, tentando di fornire una inammissibile postuma giustificazione, quali siano le specifiche competenze dei soggetti sopra elencati, nel tentativo di ricondurre alla materia "tutela del paesaggio" competenze che, anche senza interferire in ambiti che esulano dall’esercizio del potere giurisdizionale, appaiono solo indirettamente riferibili alla materia.

Senza naturalmente mettere in dubbio le competenze e le professionalità di tali componenti la commissione, e condividendo in astratto il principio dell’ampia discrezionalità dell’amministrazione nella scelta di tali soggetti, tuttavia, ad avviso del Collegio, tale scelta, per non apparire arbitraria e suscettibile di essere influenzata da opinioni ed orientamenti soggettivi, deve essere preceduta dalla predeterminazione ed individuazione degli elementi caratterizzanti l’idoneità tecnica del soggetto destinato a ricoprire quell’incarico, idoneità che solo con una qualificata pluriennale e documentata professionalità ed esperienza, come richiesto testualmente dall’art. 137 del codice Urbani, può essere garantita.

Ma niente di tutto questo è presente nella delibera impugnata: non c’è nel provvedimento di nomina alcun chiarimento, in termini di specifica professionalità, in relazione al loro inserimento nella suddetta commissione, mentre la loro nomina, pur potendo essere qualificata quale scelta discrezionale, deve essere motivata sul punto della professionalità documentata.

Ad avviso del Collegio, questo Ufficio, con funzioni di giudizio e proposta nei confronti dell’amministrazione regionale, può ritenersi legittimamente composto solo quando i membri "esterni" chiamati a farne parte in qualità di esperti, rivestano effettivamente tale qualità nelle materie in cui sono chiamati ad operare e l’atto di nomina contenga la chiara indicazione dei titoli considerati rilevanti (cfr. in termini: TAR Abruzzo Pescara n. 431 del 3 giugno 2000).

Alla stregua di quanto sopra detto deve concludersi nel senso che la sola specificazione del titolo degli "esperti", non consente di giungere alla certezza del possesso di una loro certa e specifica professionalità in materia di tutela ambientale, con la conseguenza che l’atto deve ritenersi illegittimo per mancanza di idonea documentazione sulla attribuzione della qualifica di esperto della materia "tutela del paesaggio" ai soggetti nominati.

Sempre in relazione ad aspetti formali dell’atto che si sta esaminando, deve il Collegio rilevare l’esistenza di un ulteriore vizio evidenziato nel motivo indicato in narrativa sub 7), dove si assume che alcuni componenti di diritto della commissione non hanno partecipato alle deliberazioni e si sono fatti sostituire da delegati, secondo quanto previsto dalla delibera n. 51/12 del 12.12.2006 che prevede, per l’appunto, che ciascun componente di diritto della commissione può farsi sostituire da un suo delegato; per la difesa del comune si tratta di soggetti privi di qualunque titolo, che hanno illegittimamente sostituito i componenti di diritto.

La censura ad avviso del Collegio è fondata ed il vizio denunciato deriva proprio da una mancanza di regole certe sul punto.

In precedenza, con l’art. 33 della l. r. n. 45/89 si era chiarito che le commissioni erano composte, in parte, da alcuni soggetti o loro delegati (Assessore, Sovrintendente per i beni ambientali e Sovrintendente per i beni archeologici) e, in parte, da soggetti non sostituibili.

Mancando una norma di legge si é tentato di sopperire con un regolamento interno, che tuttavia, a parte il nomen iuris, non ha a monte la fonte legittimante la sua adozione e deve qualificarsi quale mero provvedimento amministrativo, inidoneo a definire natura e modalità di costituzione della commissione.

E’ quindi priva di efficacia sanante la circostanza che il "regolamento interno" adottato dalla commissione, abbia affermato che la stessa "non ha natura di collegio perfetto, che ai lavori deve essere obbligatoriamente assicurata la presenza dei rappresentanti degli uffici regionali e statali previsti dall’art. 137 del D.Lgs. 42/04, anche tramite le modalità della delega".

In ogni caso illegittimamente non si indica se e quali dei membri debbano essere comunque sempre presenti e, conseguentemente, quali membri possano essere sostituiti e da chi. Ne consegue la definizione di una disciplina affrettata ed idonea a consentire un uso incontrollabile della discrezionalità.

La commissione regionale, istituita ai sensi dell’art. 137 del codice Urbani, deve formulare proposte per la dichiarazione di notevole interesse pubblico di immobili di particolare interesse pubblico, come tale è composta, come sopra detto, da soggetti indicati in legge che svolgono funzioni predeterminate nell’ambito della P.A. e da soggetti esterni, esperti nella materia de qua. Tale composizione, legislativamente costituita e caratterizzata da alte professionalità, ad avviso della Sezione, configura un collegio perfetto, che deve sempre operare col plenum dei suoi componenti (effettivi o supplenti).

La norma statale a ragione dispone ,infatti, nella specie che il procedimento si apra con una proposta, volendo raggiungere il risultato "di articolare su più autorità definite la responsabilità della decisione".In altri termini é stato lucidamente affermato che in tali casi "l’interesse primario riceve due ponderazioni, l’una nell’atto di iniziativa, l’altra nell’atto di decisione". La proposta, che si configura come "atto di volontà parzialmente vincolante", comporta un giudizio iniziale sull’interesse primario, in cui si accentua la valutazione tecnico-discrezionale, l’atto di decisione comporta una ponderazione politico-amministrativa.

La commissione non svolge dunque un’attività meramente istruttoria o preparatoria, ovvero, secondo la migliore dottrina, un mero atto d’iniziativa del procedimento d’ufficio,ma è chiamata ad effettuare scelte decisive e discrezionali, rispetto alle quali può ragionevolmente configurarsi la necessità che tutti i suoi componenti offrano il loro contributo, al fine di una corretta formazione della volontà collegiale (mentre la costante giurisprudenza afferma che non sussiste l’esigenza del plenum nel primo caso) .

Tenuto conto della funzione attribuita alla commissione nel contesto del procedimento,il consiglio regionale, con una legge o con un un regolamento, avrebbe dovuto stabilire quale configurazione attribuirle in astratto, ed in tale sede apprezzare opportunamente la circostanza che l’art. 137 del codice Urbani parla, per alcuni componenti, di membri "di diritto", imponendo agli organi regionali l’obbligo di garantire la presenza fissa di un nucleo di componenti insostituibili.

Diversamente da quanto succedeva in precedenza, con il codice Urbani le funzioni di queste commissioni sono state, in realtà, potenziate; ora devono predisporre delle proposte motivate "con riferimento alle caratteristiche storiche culturali, naturali, morfologiche ed estetiche degli immobili o delle aree che abbiano significato e valore identitario del territorio in cui ricadono..", e non solo, ma, nelle stesse, devono anche indicare "una specifica disciplina di tutela, nonché l’eventuale indicazione di interventi di valorizzazione degli immobili…". A tale potenziamento di funzioni ha fatto però illegittimamente seguito una dequalificazione della fonte istitutiva e, comunque un’inammissibile frettolosa imprecisione nella definizione delle regole di costituzione e di funzionamento.

Di tutto questo dovrà tenere conto il legislatore regionale nel predisporre la disciplina relativa a tale Ufficio.

  1. Censure che contestando l’esatta valutazione dello stato dei luoghi da parte della Commissione, sollevando i vizi di difetto ed errore di istruttoria e difetto di motivazione ( motivo sub 9 e 10).

La difesa della ricorrente COIMPRESA assume che un’articolata serie di errori commessi, nella fase della istruttoria, da parte della commissione, hanno portato ad una determinazione finale che si fonda su elementi di fatto insussistenti o palesemente erronei.

Ritiene il Collegio che le censure siano fondate e che, pertanto, debbano essere accolte.

Per verificare se la commissione ha ben considerato la situazione dei luoghi appare fondamentale la relazione allegata alla proposta di apposizione del vincolo.

Nella suddetta relazione si premette che l’area necessita di un "innalzamento di attenzione" e "che l’analisi storica, cartografica, bibliografica, archeologica e, naturalistica, morfologica e insediativa dell’area già definita di Tuvixeddu – Tuvumannu, prodotta e visionata durante i lavori della Commissione, porta a fare corrispondere in realtà, al colle una differente denominazione, ossia quella di Tuvixeddu – Tuvumannu – Monte della Pace. Sulla base di questi presupposti i limiti fisici dell’area, individuati attraverso l’assetto viario attuale, lungo la linea mediana delle strade possono così essere definiti…" e si prosegue indicando i nuovi limiti perimetrali. Già su questa prima affermazione è da sottolineare che l’analisi della Commissione appare fuorviante, perché si basa, come andrà a dire più avanti nella relazione, su cartografie storiche e non su quelle attuali, in realtà è dimostrato che il colle della Pace oggi non esiste, dello stesso si trova traccia nelle antiche carte e nei vecchi testi, ma oggi, al suo posto, vi è una spianata e un quartiere di edilizia economica e popolare e di tale circostanza il Collegio ha potuto rendersi conto direttamente in sede di sopralluogo.

A conferma di ciò, nella relazione, a pag. 4 si legge in proposito: "la cartografia storica ci consente di apprezzare l’originaria configurazione del plesso collinare…ad oriente si delinea il più elevato Monte della Pace".

Continua la relazione: "la presente proposta di riconoscimento è innovativa rispetto alla deliberazione della Commissione provinciale per la tutela delle bellezze naturali di Cagliari, assunta nella seduta del 16 ottobre 1997, in quanto definisce l’are di Tuvixeddu – Tuvumannu- Is Mirrionis con una delimitazione ricavata da una accurata indagine multidisciplinare, in funzione delle caratteristiche geomorfologiche, naturali, storiche culturali ed estetiche, restituendo alla città uno dei colli di Cagliari ed assicurando il perpetuarsi dell’identificabilità di uno dei luoghi più significativi della città. La delimitazione stabilita dalla Commissione provinciale per la tutela delle bellezze naturali di Cagliari…era evidentemente basata sulla necessità, per la certezza dei limiti della tutela paesistica, di riferirsi alla viabilità attuale, anche quando essa esclude settori importanti dei declivi del colle, peraltro interessati da importantissime testimonianze storiche, cartografiche ed archeologiche…".

In effetti appare del tutto corretto che la Commissione provinciale abbia fatto riferimento, nel porre il precedente vincolo, alla viabilità attuale, e non a quella storica come sembra abbia fatto la Commissione, che, riferendosi alla "memoria" del sito ancora afferma: "Il Sistema dei Colli ha, dunque, un ruolo semiologico che può definire la città dei colli biancheggianti e pertanto appare fondamentale ricucire l’originaria unità del colle di Tuvixeddu – Tuvumannu – Is Mirrionis con un provvedimento che ne dichiari il notevole interesse pubblico ex art. 138, comma 1 del D.Lgs 42/2004″.

In realtà, come affermato nel nono e decimo motivo di censura, la commissione non ha considerato la situazione attuale dei luoghi, evidenziata anche dai rappresentanti del comune nelle due audizioni del 29.1.2007 e del 21.2.2007, che è caratterizzata da una serie di lavori in avanzata fase di realizzazione che hanno profondamente modificato le aree in questione.

Ma uno dei punti essenziali evidenziati dalla Commissione nella relazione, ai fini dell’ampliamento del vincolo, è il valore archeologico e la scoperta di nuovi reperti nell’area. In tal senso (a pag. 23 della relazione) si afferma che nel decennio trascorso sarebbero emersi nuovi elementi di conoscenza che "consentono di ampliare significativamente la gamma dei valori paesaggistici ed ambientali posseduti dall’area stessa e che conseguentemente inducono a formulare una specifica ed aggiornata disciplina di tutela " e che "tra gli elementi macroscopici di nuova cognizione, occorre evidenziare l’affioramento e il riaffioramento di centinaia di tombe puniche finora sepolte ed ignote e la coscienza di una impensabile vastità territoriale della necropoli, nonché la visibilità di cavità naturali ed artificiali.".

La circostanza del ritrovamento di centinaia di tombe puniche, dopo il 1997, tuttavia non è stata supportata da alcun elemento di prova, anzi è stata ampiamente contestata in corso di causa, in realtà l’arch. Santoni, di fronte alla domanda "se, recentemente sono state rinvenute delle tombe" risponde che "dopo il 1997 ne sono state scoperte a decine all’interno dell’area vincolata" (cfr. verbale n. 7 del 21 febbraio 2007, pag. 5), quindi, anche se tale circostanza può ritenersi in parte provata, sarebbe comunque ininfluente ai fini dell’ampliamento del vincolo paesaggistico in quanto è ormai assodato che i ritrovamenti sono sempre ricaduti nell’ambito dell’aera sottoposta a vincolo archeologico, area che è stata oltremodo ampliata proprio al fine di salvaguardare la necropoli ed i luoghi ad essa limitrofi.

Proprio sotto il profilo di tutela archeologica l’arch. Santoni, Sovrintendente per i beni archeologici di CA e OR ha espresso il proprio parere contrario all’estensione del vincolo sulla base delle motivazioni contenute nella nota n. 1048 del 12 febbraio 2007 allegata al verbale n. 6 del 12.2.2007; in tale nota si precisa che "sotto l’aspetto archeologico, l’intero complesso di Tuvixeddu risulta essere tutelato con il D.M. 2 dicembre 1996, laddove, su un altro piano, le eventuali emergenze archeologiche che vengano in luce, nell’area di cui alla Deliberazione della Commissione Provinciale delle bellezze naturali (ndr. vincolo paesistico) della seduta del 16.10.1997, sono comunque soggette a misure di tutela preventiva del P.U.C. 2002 di Cagliari con il controllo direzionale di ambito scientifico da parte di questo ufficio; Considerato, su altro piano, che anche in sede di Commissione non sono state approfondite le necessarie informazioni né sul vincolo esistente, né sulla natura dei dati archeologici e delle trasformazioni intervenute nell’area negli ultimi 10 anni, dopo l’approvazione del D.M. 2.12.1996, dati che la sovrintendenza è disponibile a fornire…Considerato che è necessario acquisire ulteriori elementi di fatto e di diritto…Considerato che allo stato attuale non sussistono le condizioni per accogliere le proposte di ampliamento della Deliberazione assunta dalla Commissione provinciale delle bellezze naturali nella seduta del 16.10.1997…si ritiene che la Commissione debba procedere ad ulteriore istruttoria, garantendo la partecipazione dei soggetti coinvolti nel procedimento".

Conclusivamente, nella relazione viene messo in evidenza il paesaggio storico e le valenze storiche dell’area e questo è certamente utile al fine di conoscerne l’evoluzione, ma il successivo passaggio è mettere tali studi in stretta relazione con la realtà, con le modifiche che il territorio ha subito nel corso degli anni, invece nessuna valutazione emerge dalla relazione non solo in ordine alla situazione della zona, così come si è evoluta, anche a seguito dei lavori intrapresi dal comune e dai privati, in attuazione dell’accordo di programma, ma neppure in ordine alla eventuale collocazione degli interventi interrotti improvvisamente nella giusta logica di tutela del paesaggio esistente.

E’ da evidenziare che non si tratta di opere e di lavori di poco conto; proprio al fine di valutare de visu l’entità delle trasformazioni che il territorio ha subito, il Collegio ha eseguito un sopralluogo, dal quale è emerso che vi sono lavori imponenti, quali ad esempio una lunga galleria, l’asse viario di interesse urbano via Cadello- via San Paolo, profondi scavi di fondazione per realizzare gli edifici previsti dall’accordo di programma sulla via Is Maglias, un edificio già realizzato per l’ingresso al museo, nonché opere di contenimento, gabbie imbrigliate destinate al rinverdimento, etc.. il Collegio ha anche potuto verificare che attraverso i "coni visivi", con base sulla linea di perimetrazione verso l’area tutelata, in via Liguria, non si riesce ad intravedere nessun panorama né alcuno spettacolo di particolare bellezza, essendo tali punti, come individuati dalla Commissione, del tutto coperti dalle costruzioni esistenti che non consentono una visuale utile (cfr. verbale di sopralluogo pag. 6)

Sicuramente quello che emerge sia dai lavori della Commissione che dal sopralluogo del Collegio, in maniera inconfutabile, è che lo stato dei luoghi non è realisticamente descritto nella relazione, che ricostruisce la storia del territorio (basti a questo proposito ricordare che in relazione al "monte della Pace" la commissione ha operato sui "toponimi"), registrando tutti gli elementi acquisiti con l’ausilio di scienze diverse, ma non si è interessata dell’uso antropico del territorio realizzatosi nel tempo, che oggi offre una realtà ben differente, che deve urbanisticamente raccordarsi con la "città dei morti".

Da un punto di vista archeologico si è detto che non vi sono apprezzabili novità e che lo stesso Sovrintendente per i beni archeologici nega vi siano sopravvenienze tali da dover ampliare l’area già sottoposta a vincolo specifico nel 1996, vincoli dei quale si era tenuto conto nell’accordo di programma stipulato fra le diverse amministrazioni.

Una ulteriore precisazione, proprio in merito alla attuale situazione dei luoghi deve essere fatta in relazione al colle di Tuvumannu, dove il Collegio ha potuto verificare (cfr. sopralluogo, pag. 6) che "la zona si presenta brulla ed ha l’aspetto di una cava abbandonata circondata per tutta la sua circonferenza da alti edifici residenziali sorti in oggettivo disordine, che ostacolano la visuale verso il Colle S. Michele e Monte Claro", e che appare priva di qualunque pregio paesistico visivamente apprezzabile.

Né a contrastare tale affermazione può essere utile richiamare il sopralluogo effettuato dalla commissione in data 29 gennaio 2007, di cui al verbale n. 4 bis. La commissione si è difatti limitata alla verifica delle opere di cui al cantiere comunale del parco archeologico; questa ha, difatti, preso visione dei lavori realizzati in tale area, mentre, per il resto, è giunta "fino alla parte alta del colle di Tuvixeddu, alla villa Mulas, da dove ha potuto osservare da diversi punti le visuali che la morfologia dei luoghi consente di traguardare sia in direzione di S. Avendrace e S. Gilla sia verso via Is Maglias e il Colle S. Michele e tutti gli altri coni visuali percepibili in tutta l’area" (cfr. verbale in atti). Tutta le aree oggetto degli ingenti lavori da parte della società Coimpresa (che sono la maggioranza delle opere lasciate incompiute) e della società Cocco Raimondo non risultano siano state visitate e, del resto, di tali zone non è stata fatta menzione alcuna nel verbale di sopralluogo: è indubbio che, per una approfondita ed esaustiva istruttoria, tutta l’area ricompresa nel progetto di riqualificazione urbana avrebbe dovuto essere oggetto di analisi e di verifica concreta sul posto, al fine di acquisire una esatta conoscenza dello stato dei lavori e dei luoghi, non ritenendosi sufficiente la sola visuale dall’alto.

In punto di fatto, da una relazione dei componenti di nomina regionale della commissione datata 31.1.2007 (depositata agli atti di causa, ma che non risulta sia stata allegata ai verbali delle sedute della commissione), emerge che costoro si sono sicuramente resi conto dei cambiamenti intervenuti nella zona.

In tale documento si fanno le seguenti affermazioni: "il sistema ambientale preesistente l’inizio dei lavori del Progetto di parco archeologico e ambientale a seguito degli stessi lavori, oggi sospesi, risulta del tutto stravolto…l’apporto di materiali alloctoni estranei ai luoghi ha portato alla sopraelevazione di oltre 3 metri di quota dell’aera culminale…l’apertura di nuove strade e rimodellamento del terreno ha portato alla eliminazione della gran parte della vegetazione naturale preesistente, tra cui ampie porzioni di habitat di interesse prioritario ai sensi della direttiva Habitat 43/92…l’apporto di ingenti quantitativi di terra vegetale costituisce una radicale modifica delle caratteristiche podologiche, che potranno determinare il cambiamento sostanziale del paesaggio vegetale esistente…L’impressione generale che si ricava percorrendo il sito con i lavori finora effettuati (ndr. la sola area visitata è stata quella del cantiere comunale) è che stia subendo modifiche importanti, che la configurazione originaria stia cambiando e sia cambiata in parti significative, che l’idea che ha mosso il progetto, e questo è il punto, sia quella di realizzare uno scenario da giardino pubblico, gradevole, attraente, consumabile, in una visione parziale e riduttiva della storia e del paesaggio…l’impressione è che alla base degli interventi vi sia un’idea che non è condivisibile: quella di bonificare ed abbellire il contesto della necropoli, come se lo si ritenesse inespressivo, difettoso sul piano formale ed estetico…gli interventi in corso di realizzazione incombono sulle sepolture fino ad interferire con la minuta tessitura modificando la percezione del luogo nella sua generalità e negli specifici contenuti".

Alla consapevolezza che una serie di interventi ormai hanno, ad avviso della commissione, severamente alterato una delle aree più suggestive della città, non ha tuttavia fatto seguito una accurata analisi istruttoria, che, in stretta ed effettiva relazione con la realtà e con le vicende che hanno coinvolto il territorio, verificasse l’incidenza del vincolo su questa nuova, significativamente diversa situazione dei luoghi, rispetto alla loro "memoria storica".

In particolare la commissione non ha tenuto conto che gli aspetti urbanistici, edilizi che caratterizzano l’attuale situazione urbana complessiva costituiscono elementi inscindibili del paesaggio e delle relative prescrizioni di tutela, e non ha tenuto conto dei processi insediativi che hanno portato all’attuale edificato, inoltre, non ha tenuto conto che gli interventi edilizi ed infrastrutturali previsti dagli accordi di programma sono quasi tutti localizzati nelle depressioni e negli spazi creati dalla dismessa attività di cava.

Sicuramente "parte" dei componenti la commissione dimostra, in tale documento, di conoscere le modifiche intervenute a seguito dei lavori intrapresi e di avere una particolare considerazione per la necropoli (e quindi per i profili di interesse più propriamente archeologico), pur tuttavia non riversa tale conoscenza sulla commissione che manifesta tutta la sua riluttanza a dare rilevanza, ai fini della apposizione del vincolo, alla situazione reale esistente in tutta la vasta area di riferimento, ma, ad avviso del Collegio, i fatti oggettivamente riscontrati e solo quelli dovevano costituire il corretto canone di riferimento, la sola fonte autentica da cui trarre le conseguenze per l’apposizione di un vincolo che fosse logico e coerente.

In particolare, la commissione non ha tenuto conto che gli aspetti urbanistici ed edilizi, che caratterizzano l’attuale situazione urbana complessiva, costituiscono elementi inscindibili del paesaggio e delle relative prescrizioni di tutela, e non ha tenuto conto dei processi insediativi che hanno portato all’attuale edificato, inoltre, non ha tenuto conto che gli interventi edilizi ed infrastrutturali previsti dagli accordi di programma sono quasi tutti localizzati nelle depressioni e negli spazi creati dalla dismessa attività di cava.

In merito questa stessa Sezione ha di recente affermato che la visione del paesaggio intesa come cristallizzazione di una naturalità idealizzata non é più realistica e che la tutela del bene deve conciliarsi con i principi dello sviluppo sostenibile, in special modo in presenza di siti non incorrotti ed inseriti in contesti fortemente urbanizzati. Il paesaggio da tutelare e preservare non può che essere quello esistente, essendo inconcepibile, oltre che estremamente costoso, un ritorno al passato storico in presenza di aree che non conservano la memoria dei luoghi originari se non in limitate porzioni isolate e circondate dalla rete della città

C) Gruppo di censure che riguardano la partecipazione del comune alle fasi del procedimento.

Tale atteggiamento riluttante è dimostrato in maniera eclatante nel rapporto instaurato con il comune di Cagliari (oggetto di perplessità da parte del sovrintendente ai beni archeologici). E lo stesso atteggiamento è proseguito, da parte della giunta regionale, in sede di esame delle osservazioni del comune, presentate dopo l’approvazione della proposta e prima della apposizione del vincolo.

Dagli atti depositati in corso di causa è emerso che il comune di Cagliari è stato sentito due volte dalla commissione.

Questi i fatti.

Nella prima audizione del 29 gennaio 2007 il Sindaco e l’assessore dopo aver fatto presente le varie problematiche connesse all’interruzione di lavori in corso, all’esistenza di un accordo di programma, all’esistenza di una transazione che ha consentito al comune, a fronte di un contenzioso di 63 miliardi, di pagarne 43, chiedono un tavolo di trattative.

La commissione, fa rilevare, attraverso gli interventi dei propri componenti che la propria competenza attiene all’elaborazione di una disciplina di tutela perchè "la salvaguardia dei molteplici valori riconosciuti sia più efficace" (arch. Scarpellini), e che "sia in atto un vulnus al paesaggio, anche se i progetti hanno avuto le necessarie autorizzazioni" ( prof. Camarda), comunque, dopo tale audizione, decide di confermare, come perimetrazione minima, valida ai fini della tutela, quella già approvata nel 1997 (cfr. verbale n. 4 del 29.1.2007, pag. 7), dopo avere prospettato ed escluso la possibilità di includere ulteriori aree.

Nella seconda audizione, fatta a seguito delle perplessità evidenziate dall’arch. Santoni (il Sovrintendente ai beni archeologici), viene illustrato ai rappresentanti del comune il lavoro svolto e viene loro letto lo schema di proposta di notevole interesse pubblico dell’area Tuivixeddu -Tuvumannu- Is Mirrionis, elaborato dalla commissione. L’arch. Campus (assessore comunale) dichiara di avere difficoltà a capire quanto si sta leggendo, lamenta che il comune non sia stato coinvolto e che "non vorrebbe essere solo spettatore esterno, ma anche compartecipe dei processi logici che hanno portato al vincolo.".

Subito dopo tale audizione si vota sulla proposta di vincolo che viene approvata con 8 voti favorevoli ed 1 contrario del Sovrintendente archeologico, che motiva tale scelta sulla base di alcune considerazioni: la mancata effettiva partecipazione del comune di Cagliari, non sanata dalla seconda audizione, che è stata intesa "in termini formali e non dialettici", la carenza di istruttoria "poiché non sono stati acquisiti tutti gli atti relativi e per il fatto che non stati oggetto di valutazione le trasformazioni verificatesi nel tessuto urbano, successivamente al 1997″.

In realtà, ad avviso del Collegio, non si è tenuto conto in tali audizioni di quanto evidenziato dal comune di Cagliari sia in relazione all’accordo di programma, sia in relazione alle aspettative dei privati e delle molteplici amministrazioni coinvolte, sia ai lavori in avanzata fase di realizzazione, che hanno profondamente modificato le aree, sia agli ingenti costi già sostenuti, sia infine alle cessioni delle aree che dovranno essere restituite ai privati.

Non vi è dubbio che vi sia stata una estromissione sostanziale del comune nella fase istruttoria da parte della commissione, e le stesse audizioni (come emerge dalla lettura dei verbali delle sedute, in parte, sopra riprodotti), fatte senza che al comune fossero fornite – per tempo – le necessarie informazioni, non hanno sortito alcun effetto, neppure un dubbio, sulle decisioni già assunte, in aperta violazione del principio di cooperazione di cui all’art. 132 del codice Urbani.

Ma tale principio è stato nuovamente violato, e sicuramente in maniera più marcata da parte della giunta regionale, dopo la fine dei lavori della commissione, nella fase in cui il comune ha espresso, sulla proposta di vincolo, le proprie osservazioni.

Come è stato dedotto nel diciassettesimo mezzo dei motivi aggiunti, la regione non ha esaminato le osservazioni nè tenuto in conto quanto scritto dal comune sia nella premessa che nel contesto delle specifiche osservazioni contenute nel documento, inviato alla Presidenza della giunta al fine di evidenziare una serie di problematiche molto complesse, derivanti dall’apposizione del vincolo nelle aree Tuvixeddu- Tuvumannu- Is Mirrionis.

Evidenzia il Collegio che il comune di Cagliari, nella vicenda che ci occupa, ha una posizione differenziata e qualificata rilevante, si tratta di un ente pubblico che ha sottoscritto un accordo di programma, che ha ottenuto cospicui finanziamenti regionali per la realizzazione del Museo archeologico di Tuvixeddu, per il Parco Archeologico e Ambientale di Tuvixeddu e per la viabilità di penetrazione urbana via Cadello – via S. Paolo e che ha dato il via alla realizzazione delle suddette opere pubbliche, oltre ad avere rilasciato le concessioni edilizie che hanno consentito alla società Nuove Iniziative Coimpresa ed alla ditta Cocco di iniziare legittimamente le opere di cui agli accordi di programma.

Il Collegio ritiene che la partecipazione del comune nel procedimento de quo sia stato solo "formale" e non "reale", come invece prescrive il codice Urbani sia nell’art. 132, dove espressamente prevede che "le amministrazioni pubbliche cooperano per la definizione di indirizzi e criteri riguardanti le attività di tutela del paesaggio e di gestione dei relativi interventi" , sia nell’art. 138 dove prescrive che la commissione, di cui all’art. 137 "procede alla consultazione dei comuni interessati". Viene, in altri termini, riproposto dal legislatore il principio della "leale collaborazione" fra enti locali, corollario del canone costituzionale del buon andamento dell’amministrazione

Le due disposizioni vogliono, pertanto, sottolineare che il procedimento di vincolo non può prescindere da quanto il comune interessato ragionevolmente suggerisce e prospetta, sia nella fase istruttoria, alla commissione sia, nella fase successiva, all’organo regionale e, conseguentemente, sulle decisioni assunte deve poter essere eseguito il riscontro dell’idoneità dell’istruttoria, dell’apprezzamento di tutte le rilevanti circostanze di fatto e di diritto evidenziate e della non manifesta irragionevolezza della scelta effettuata, laddove si è ritenuto prevalente un valore in conflitto con quello tutelato da altra norma. Nel caso che ci occupa, se si pensa, da un lato, alla vastità degli interventi programmati dal comune di Cagliari sulle aree in questione, ai danni che lo stesso subisce dall’interruzione delle opere, non ultimi quelli di natura economica, agli interessi pubblici e privati coinvolti nell’accordo di programma, del tutto sacrificati e, dall’altro, all’assoluta impermeabilità della commissione di fronte a tutti questi problemi sollevati dal comune, non può che ritenersi violato il disposto di cui all’art. 138, non potendo il termine "consultazione" essere confuso con una mera comunicazione di decisioni, nei fatti, ormai definitive ed immutabili.

Nessuna rilevanza è stata data neppure alle osservazioni poste in calce al documento denominato "osservazioni" dal sindaco di Cagliari che ha aggiunto alcune considerazioni sui danni economici che discendono per il comune dalla proposta di vincolo e quindi dalla impossibilità di realizzare, in tutto o in parte, le volumetrie residenziali, i volumi connessi alle residenze ed i servizi pubblici di proprietà comunale, previsti dal progetto deciso con l’accordo di programma;

Su tutti questi rilievi, e sulle gravi conseguenze evidenziate nel documento in questione, manca qualunque osservazione da parte della regione.

D) Gruppo di censure riguardanti la mancata considerazione dell’accordo di programma.

Si è già ampiamente evidenziato che sulle aree in questione era stato stipulato un accordo di programma fra comune, provincia, regione e soggetti privati al fine di realizzare un progetto di riqualificazione, le censure di mancata considerazione dell’esistenza di questo accordo, la cui esecuzione aveva portato ad una consistente modifica del territorio sono state già oggetto di esame da parte del Collegio, in questa parte, devono essere affrontate le censure relative al valore giuridico da riconoscere all’accordo ed al suo rapporto con il vincolo imposto dalla regione (motivo n. 6).

L’avvocatura dello Stato svolge alcune osservazioni in relazione al fatto che l’amministrazione abbia la possibilità di svincolarsi dagli accordi in questione. A questo proposito chiarisce la differenza che sussiste fra tutela paesistica e la materia urbanistica, e specifica che gli accordi di programma sono disciplinati dall’art. 27 della legge 9 giugno 1990 n. 142 (ora art. 34 del D.Lgs. 2000/267). Mette in rilievo la diversa finalità degli istituti che sono a tutela dei due diversi interessi pubblici, sottolineando che la tutela del paesaggio non può che essere preminente rispetto alla materia ed alle concrete prescrizioni urbanistiche, pertanto l’esistenza di un accordo di programma di per se non esclude l’esercizio di poteri pubblicistici volti alla tutela del paesaggio.

Così la difesa della amministrazione regionale, in relazione agli accordi di programma, assume che né un piano attuativo, né accordi di programma, né concessioni edilizie già rilasciate possono impedire il recesso della P.A. dagli accordi intercorsi perché sopravvenienze normative e nuovi rinvenimenti possono giustificare, ed anzi imporre, il ricorso a strumenti di tutela paesaggistica più intensi nell’area interessata. Coerentemente con questa tesi, conclude affermando che non si può invocare, a motivo di illegittimità dei provvedimenti impugnati (la proposta di dichiarazione di notevole interesse pubblico dell’area in questione, prima, e la delibera di approvazione, poi), la violazione di precedenti accordi di programma.

Il Collegio, ammesso e non concesso che la tesi esposta possa anche essere astrattamente condivisibile, evidenzia che, nel caso di specie, la situazione in fatto è del tutto peculiare e che questo comporta anche una diversa regola di diritto.

Gli accordi di programma quadro costituiscono in generale dei moduli convenzionali con i quali lo stato, la regione, gli enti locali concordano, anche con le parti private, politiche unitarie di intervento sul territorio, si tratta di strumenti di programmazione negoziata, regolati dalla legge 662/96 (art. 2 commi 203-209), tendenzialmente preordinati alla realizzazione di un interesse generale allo sviluppo economico. Ai soggetti privati, coinvolti nell’accordo è riconosciuto, in sede di contrattazione, un ruolo tendenzialmente paritario, che non si esaurisce nella semplice partecipazione al procedimento; tali accordi sono, quindi, ben diversi dagli accordi di cui all’art. 11 della legge 241/90, aventi natura pubblicistica e dai quali l’amministrazione può sempre recedere per sopravvenuti motivi di pubblico interesse (comma 4).

Ad avviso del Collegio, nel caso della programmazione negoziata, attesa la posizione di pariordinazione del privato contraente con la P.A. ed attesi gli interessi perseguiti, deve applicarsi la normativa civilistica in materia di obbligazioni e contratti, con la conseguenza che il recesso unilaterale dell’amministrazione potrebbe ammettersi solo per espressa previsione contrattuale, ai sensi dell’art. 1373 del c.c.

Esclusa la possibilità del recesso unilaterale si pone, tuttavia, ancora la questione, introdotta dalle parti convenute, relativa alla possibilità che, per sopraggiunte nuove esigenze di tutela paesaggistica nell’area oggetto della programmazione negoziata, la regione possa (ed anzi debba) procedere ad una radicale modifica dell’assetto urbanistico, come in precedenza stabilito dall’accordo di programma quadro, essendo prevalente l’interesse pubblico alla tutela del paesaggio rispetto a quello della disciplina urbanistica del territorio.

Nel caso in questione, tuttavia, si dimentica che con lo strumento utilizzato della programmazione negoziata non si è inteso perseguire un interesse esclusivamente urbanistico, ma anche paesaggistico, difatti si è predisposto un "Progetto di riqualificazione urbana ed ambientale dei colli di S. Avendrace".

Vaste porzioni delle aree in questione sono state sottoposte a tutela archeologica e paesistica, durante un percorso durato 10 anni, e con l’accordo le amministrazioni pubbliche si sono poste, una serie di obiettivi anche di tutela e valorizzazione ambientale, oltre che di strumentazione urbanistica, basti pensare alla creazione di un vasto parco urbano, collegato al più ampio sistema dei parchi collinari cittadini, alla valorizzazione della zona archeologica, al recupero ambientale delle zone delle cave, con eliminazione delle situazioni di pericolo e di degrado causate dalle attività estrattive. Tutto questo nel rispetto di quei vincoli che, sia la sovrintendenza archeologica che quella paesistica avevano posto sulle aree in questione.

A questo proposito si deve evidenziare che l’accordo di programma quadro è stato sottoscritto il 15 settembre 2000 dal comune di Cagliari, dalla Regione sarda e da soggetti privati, tra i quali l’attuale società ricorrente, dopo che sul progetto era stato dato parere positivo (27 maggio 1999)dall’Assessorato della pubblica istruzione della regione – Ufficio Tutela del paesaggio- che aveva affermato, tra l’altro: "l’intervento consente di ricucire un brano del tessuto urbano particolarmente significativo nel contesto cittadino, riconoscendo in maniera coerente le principali linee di energia che caratterizzano i colli di S. Avendrace e perché segna di fatto l’avvio del processo di valorizzazione della necropoli di Tuvixeddu ed individua adeguate condizioni per l’integrazione dello stesso parco archeologico con il più ampio parco urbano e, più in generale con il sistema di verde che costituisce l’elemento connettivo dell’intero intervento." Questo parere era stato preceduto da quello, pure favorevole, del Ministero per i beni Culturali ed ambientali n. 4904/1 in data 20.10.1998.

Infine la Giunta regionale con del. n. 32/28 del 25.7.2000 ha ratificato la proposta degli Assessori regionali della difesa ambiente e della Pubblica Istruzione, Beni Culturali, Informazione, Spettacolo e Sport a conclusione dei risultati della conferenza istruttoria del SIVEA, promossa ai sensi dell’art. 13 della l.r. 18.1.1999 n. 1, con la dichiarazione della non assoggettabilità alla procedura di VIA del progetto.

Vuole con ciò il Collegio evidenziare che i profili di tutela paesaggistica, nel progetto de quo, ben erano stati valutati e considerati da parte delle amministrazioni e degli uffici preposti alla tutela di questo interesse, costoro, infine, unanimemente lo avevano considerato valido, coerente e utile al fine di recuperare una vastissima area urbana in stato di grave degrado.

Ma vi è di più, quanto affermato dalle controparti a difesa delle determinazioni impugnate non tiene conto del fatto, di massima rilevanza, che non solo era stato sottoscritto fra le parti un accordo di programma quadro, ma che a tale accordo era stata data già esecuzione.

Il comune si è da tempo attivato per i seguenti interventi quasi ultimati: il Museo archeologico di Tuvixeddu, il Parco archeologico e ambientale di Tuvixeddu e la Viabilità di penetrazione urbana via Cadello- via S. Paolo, 1° lotto funzionale.

A sua volta la società ricorrente ha effettuato la messa in sicurezza di tutti i fronti di cava residuati dalla precedente attività di cava, ha realizzato gli scavi di fondazione per gli edifici da realizzare in via Is Maglias, complessivamente ha già realizzato circa il 40% delle opere di urbanizzazione primaria e dei sottoservizi.

Tutti questi lavori sono stati, in un primo tempo e per diverse volte, temporaneamente sospesi dal Servizio regionale per la tutela del paesaggio e successivamente definitivamente interrotti a seguito dell’approvazione della proposta della commissione regionale, con le conseguenze economiche e di impatto sulla città che già sono state sopra evidenziate.

L’accordo di programma quadro non è stato, quindi, considerato non solo sotto il profilo giuridico, quale istituto di programmazione negoziata avente efficacia vincolante fra le parti, ma neppure sotto il profilo fattuale, nel senso della sua (se pur parziale) già intrapresa esecuzione: in altre parole la regione ha deciso come se l’area non fosse stata affatto coinvolta dai lavori previsti nell’accordo, non solo, pertanto, come se tale strumento non esistesse, ma anche come se non avesse avuto alcuna concreta attuazione.

Da ultimo, ritiene il Collegio opportuno evidenziare la mancata allegazione di elementi probatori in ordine alla asserita sopravvenienza di elementi di novità tali da indurre la commissione e poi la giunta regionale a trascurare la oggettiva situazione dei luoghi, oltre a ignorare l’accordo di programma.

Sulla base delle risultanze probatorie acquisite alla causa e sulla base della cospicua documentazione allegata agli atti, si può rilevare che, in relazione all’area di cui si discute, non sono presenti elementi di novità (a parte i lavori lasciati in sospeso) né rispetto alla normativa introdotta dal codice Urbani, né rispetto a nuove particolari emergenze, essendo i recenti rinvenimenti archeologici collocati nella zona già sottoposta a vincolo archeologico.

La stessa "nuova accresciuta sensibilità" affermata nella relazione della commissione, nella materia di beni paesaggistici, deve fare i conti con la dimostrazione certa ed inconfutabile che il precedente regime di tutela e salvaguardia della zona in questione riferito ad una determinata perimetrazione delle aree è del tutto inidoneo a garantire congruamente il suo valore paesaggistico.

Devono, allora, essere evidenziati con assoluta scrupolosità quei fatti nuovi che richiedono un diverso e più incisivo intervento, tenendo sempre presente che si va ad incidere su situazioni soggettive particolarmente qualificate (diritti nascenti da accordi negoziati), ancorate a legittimi affidamenti, creati, invero, dalla stessa amministrazione regionale, che dopo anni di concertazione concordata, oggi decide di cambiare "la filosofia del paesaggio", sostituendo a quella dell’"edificato" quella del "vuoto" .

E) Il quinto gruppo di censure in esame riguarda più specificamente la individuazione di una serie di comportamenti che vengono ritenuti significativi ai fini dell’individuazione di uno sviamento di potere, sia nell’attività della commissione, sia in quella dell’amministrazione regionale.

Di tale vizio si occupano diverse censure che verranno, quindi, esaminate congiuntamente al fine di verificare la sussistenza del vizio dedotto nel procedimento, rilevando sin da ora che la nozione di sviamento di potere, nell’ordinamento amministrativo, riguarda la situazione in cui un’Autorità esercita i suoi poteri per uno scopo diverso da quello per cui le sono stati conferiti, e ciò deve essere valutato solo in base ad indizi oggettivi, pertinenti e concordanti. Quindi l’esistenza del vizio di eccesso di potere per sviamento deve essere dedotta mediante l’allegazione di precisi elementi probatori, che possono anche consistere in presunzioni o indizi, i quali devono, in ogni caso, rivelare in modo indubbio il dissimulato scopo dell’atto che integra il vizio, essendo cioè necessario che dalle presunzioni e dagli indizi si passi alla dimostrazione dell’illegittima finalità perseguita in concreto dall’Autorità amministrativa (giur. costante, cfr. ex multis: T.A.R. Emilia Romagna Parma, 07 febbraio 2007, n. 39; Consiglio Stato , sez. IV, 27 aprile 2005 , n. 1947).

Nel caso di specie il Collegio ritiene che tale vizio possa ritenersi esistente, alla stregua di quanto contenuto nel dispositivo della approvazione della proposta da parte della giunta regionale (atto finale del procedimento di vincolo) dove, una nuova prospettiva chiarisce tutto il percorso effettuato nei mesi precedenti dalla stessa amministrazione ed evidenzia ex post le ragioni ultime della complessa procedura avviata per ampliare il vincolo sulle aree in questione.

L’amministrazione regionale, nella stessa delibera con la quale ha approvato la proposta di vincolo, la n. 31/12 del 22.8.2007, ha dato mandato agli assessori competenti "affinché venga rapidamente realizzato, anche in collaborazione con il comune di Cagliari, il progetto di tutela, conservazione e ripristino delle aree di Tuvixeddu – Tuvumannu – Is Mirrionis secondo le indicazioni contenute nello studio del prof. Gilles Clement".

Con i motivi aggiunti di cui al diciannovesimo mezzo assume, la società ricorrente, il vizio di sviamento di potere in quanto la giunta regionale con tale delibera dimostra di volere realizzare un altro progetto, che nessuno conosce e che nemmeno è stato allegato alla delibera in questione. Un progetto che, pur predisposto prima dell’emanazione del provvedimento di vincolo, sarebbe compatibile con la nuova disciplina, un progetto alternativo rispetto a quello in fase di attuazione.

Il Collegio ritiene che il motivo sia fondato e che debba essere accolto anche alla stregua di una serie di comportamenti, adottati nelle diverse fasi del procedimento, e che appaiono quali seri indizi dell’esistenza di tale vizio.

Già l’esistenza, al momento dell’approvazione del vincolo, di un altro progetto sostitutivo del precedente fa sorgere il legittimo sospetto che l’idea originaria fosse quella di rendere impossibile il completamento delle opere avviate. Il fine perseguito, quindi, non sembra essere stato tanto quello di tutelare e salvaguardare un’area pregevole, quanto di cambiare la tipologia di intervento, essendo cambiata, nel frattempo, più che la sensibilità verso il paesaggio, l’orientamento della Giunta regionale e del suo Presidente nei confronti di tale area cittadina.

Gli indizi che, ad avviso del Collegio, rivelano in modo indubbio il dissimulato scopo dell’atto che integra il vizio di sviamento di potere possono essere così elencati:

1) l’emanazione di due decreti dell’Assessore regionale alla P.I. Beni Culturali, Informazione, Spettacolo e Sport, il primo n. 2323 del 9.8.2006 di "dichiarazione di notevole interesse pubblico, ai sensi dell’art. 140 del D.Lgs. 22.1.2004 n. 42 della zona Tuvixeddu- Tuvumannu nel comune di Cagliari" e il secondo, n. 2836 del 12.10.2006, contenente integrazioni al precedente decreto (impugnati davanti al TAR), revocati con decreto dello stesso Assessore n. 3349 del 14.11.2006, dove si fa riferimento alla "ricostituenda Commissione" di cui al comma 3 dell’art. 137 del codice Urbani, che intanto bloccano i lavori;

2) una sequela di provvedimenti di sospensione dei lavori per 90 giorni emanati adottati dall’amministrazione regionale prima della costituzione della commissione, o comunque prima che la stessa formulasse la proposta di vincolo, e successivamente revocati, che dimostrano l’uso strumentale di provvedimenti amministrativi (palesemente illegittimi) destinati a perseguire finalità dagli stessi non consentite.

La successione incalzante e la reiterazione delle determinazioni di divieto di prosecuzione dei lavori, adottate, tra l’altro, in prossimità delle camere di consiglio fissate per la decisione sulla domanda cautelare, dimostra un uso deviato del potere da parte dell’amministrazione regionale.

3) la fulminea non necessaria (le precedenti commissioni erano ancora in funzione) costituzione della commissione regionale, con provvedimento amministrativo ritenuto, in questa sede, illegittimo, allo scopo di apporre un vincolo sulle aree in questione;

4) la sottoscrizione in data 14 ottobre 2005 da parte del Presidente della giunta regionale, del Sindaco di Cagliari e della società Coimpresa di un atto preventivo di intesa per la individuazione di tratti di viabilità di interesse urbano relativi al PIA, nel quale convengono che non si ritiene essenziale, per la validità dell’iniziativa nel suo complesso, la realizzazione dell’ultimo tratto della viabilità di piano, individuato come 3° lotto, che dimostra la persistente condivisione della regione del progetto e rafforza gli affidamenti nei soggetti interessati;

5) il mancato coinvolgimento "sostanziale" del comune di Cagliari nella fase istruttoria del procedimento (da parte della commissione) e la totale mancata valutazione delle "osservazioni" sollevate dallo stesso comune (da parte della giunta regionale), che rendono il senso di una decisione ormai assunta ed immutabile per poter realizzare un progetto alternativo;

6) il richiamo dell’assessore regionale della P.I, nella prima seduta della commissione, coincidente con la data del suo insediamento, agli avvenimenti riguardanti viale S. Avendrace, Tuvixeddu e Tuvumannu, confermando in tal modo che la commissione è stata costituita non per esercitare, per il futuro, le competenze attribuitele dalla legge, ma per occuparsi di una problematica che già l’amministrazione aveva maldestramente affrontato e solo per la quale la commissione veniva, con assoluta tempistica, istituita: vincolare la suddetta area su incarico della Giunta regionale.

7) la delibera della giunta del 7.2.2007 n. 5/23, adottata su proposta del Presidente della giunta, di concerto con l’Assessore regionale della P.I., dove si da per scontato che sarà proposto un vincolo sul colle di Tuvixeddu -Tuvumannu da parte della commissione regionale; e si anticipano valutazioni e giudizi tecnici che, stranamente, sono perfettamente sovrapponibili con quelli che la commissione farà nella proposta che approverà successivamente: il ché dimostra la volontà precostituita di modificare l’assetto conferito ai luoghi in questione dagli accordi di programma, a suo tempo sottoscritti anche dalla amministrazione regionale

8) la palese incoerenza, evidenziata dal Responsabile dell’Area gestione del Territorio del comune di Cagliari, delle opere previste nel nuovo progetto del prof. Gilles Clement rispetto alle prescrizioni ed ai vincoli di cui alla proposta approvata dalla giunta regionale, nonché alle valutazioni della commissione, in relazione alla salvaguardia del tratto distintivo della necropoli e delle stratificazioni ulteriori, che era "quello della cupezza, dell’inquietante senso della desolazione che i luoghi spogli ed aridi suscitano" ed il rifiuto dello "scenario da giardino pubblico, gradevole attraente, consumabile, in una visione parziale e riduttiva dell’ambiente, della storia e del paesaggio".

La difesa regionale, cercando di ridurre l’impatto del progetto di Gilles Clement, introduce il concetto che lo stesso è utilissimo per evidenziare le diverse possibili filosofie che sovrintendono, da un lato, all’accordo di programma e, dall’altro, alla dichiarazione di notevole interesse pubblico, trattandosi quasi di un utile esercizio per comprendere quale potrebbe essere la destinazione urbanistico-edilizia dell’area in questione. Ma, in realtà, la Giunta ha dato mandato agli Assessori competenti affinchè venga rapidamente realizzato il progetto secondo le indicazioni contenute nello studio del prof. Gilles Clement, il chè è ben diverso.

Il Collegio ricorda che l’amministrazione deve sempre operare entro i limiti e gli scopi per i quali il potere discrezionale le è stato attribuito, in modo tale da assicurare la corrispondenza tra il potere esercitato ed il risultato concretamente perseguito, ai fini della tutela dell’interesse pubblico in gioco (cfr. in termini:T.A.R. Veneto, sez. II, 28 giugno 2006, n. 1926), ma, nel caso di specie, tale corrispondenza non sussiste.

Conclusivamente, alla stregua delle osservazioni svolte ed assorbiti gli ulteriori motivi di censura, il ricorso introduttivo è dichiarato improcedibile per cessata materia del contendere, mentre i motivi aggiunti sono accolti, per l’effetto vengono annullati: la delibera della Giunta regionale n. 51/12 del 12.12.2006 istitutiva della Commissione regionale per il paesaggio, la proposta di vincolo della Commissione del 21 febbraio 2007 e la delibera di Giunta n. 31/12 del 22 agosto 2007 di approvazione della proposta della Commissione regionale per il paesaggio, tutti gli altri atti impugnati devono ritenersi atti endoprocedimentali, non aventi natura di provvedimenti autonomamente lesivi, essendo stati emanati nell’ambito della diverse fasi procedimentali, preordinate esclusivamente all’emanazione degli atti definitivi, il cui annullamento determina conseguentemente la perdita di ogni effetto degli stessi .

Le spese di giudizio vengono poste a carico dell’amministrazione regionale intimata e sono liquidate nella misura indicata in dispositivo, mentre sono compensate nei confronti della amministrazione statale costituita.

 

P.Q.M.

IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO PER LA SARDEGNA

SEZIONE SECONDA

Dichiara la cessata materia del contendere in ordine al ricorso introduttivo, accoglie i motivi aggiunti e, per l’effetto, annulla la delibera della Giunta regionale n. 51/12 del 12.12.2006 istitutiva della Commissione regionale per il paesaggio, la proposta di vincolo della Commissione del 21 febbraio 2007 e la delibera di Giunta n. 31/12 del 22 agosto 2007 di approvazione della proposta della Commissione regionale per il paesaggio.

Condanna l’amministrazione regionale al pagamento delle spese di giudizio in favore della società ricorrente, che liquida nella misura complessiva di € 10.000,00 (diecimila/00) più IVA e CPA.

Compensa le spese nei confronti della amministrazione statale intimata.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.

Così deciso in Cagliari, nella camera di consiglio, il giorno 14 novembre 2007 dal Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna con l’intervento dei signori:

Lucia Tosti, Pres.

Rosa Panunzio, Cons. est.

Francesco Scano, Cons.

Depositata in segreteria in data: 8.02.2008

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