Sulla liberalizzazione delle professioni turistiche in Sardegna

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A proposito della liberalizzazione delle professioni turistiche. Il turismo è una grande opportunità per tutti. Tutti però devono capire che non ci si può improvvisare dietro sigle o titoli conseguiti magari dopo alcune settimane di corso.

Il turismo, proprio per la sua significativa componente pubblicistica, è un sistema troppo strategico e importante per non avere delle regole certe. Proprio la mancanza di certezze nel settore ha generato l’attuale situazione. Il legislatore deve fare sentire la sua voce e fissare l’ambito nel quale si deve operare. Basti pensare quante e quali responsabilità ha una Guida turistica o una GAE (Guida ambientale escursionistica) quando presenta il sito a lui affidato o quando un Accompagnatore turistico (figura professionale che peraltro in Sardegna non è stata ancora normata) parla e descrive la Sardegna.

Infatti i turisti, attraverso le loro rappresentazioni e quello che diranno, si interfacceranno con la nostra comunità, facendosi una idea positiva o negativa della stessa. Pensa solo un attimo ai devastanti danni che si possono arrecare alla Sardegna se venisse data questa opportunità a chi, pur avendo tanta buona volontà, non sa farlo perché magari improvvisa o dice inesattezze? I danni arrecati alla nostra comunità, da chi veste questi panni, anche se fatti in buona fede, oppure perché ha famiglia, sono esponenziali e difficilmente recuperabili non solo per l’improvvisato Operatore turistico ma per tutta la Sardegna.

Certo il mercato può fare molto ma non tutto. E poi se il sistema venisse totalmente liberalizzato di colpo cosa si verificherebbe? Solo un gran casino che si aggiungerebbe al caos attuale. E’ troppo facile dire “chi sa lavorare va avanti gli altri no, perché il mercato premia i bravi“. Questa mi sembra una favola che alla mia non più giovane età non posso più credere. Peraltro il nostro mercato non è sano, né libero; esso è farcito da rendite di posizione e da interessi politico elettorali che mal si conciliano con la reale capacità di stare autonomamente sul mercato e di svolgere un reale e funzionale servizio per il turismo.

In realtà si avverte da più parti il desiderio di avere regole certe per tutti e, soprattutto, che la normativa regionale si armonizzasse con quella nazionale e comunitaria e che si salvaguardasse la nostra assoluta specificità.

In generale possiamo dire che è venuto il momento di fare un riordino delle professioni turistiche e dire una volta per tutte che le abilitazioni professionali si conseguono solo dopo l’accertamento dei requisiti professionali, linguistici e psicofisici. In merito all’accertamento dei requisiti potranno scegliersi le forme più idonee e agili, prescindendo anche da farraginosi esami. Ma da questo non si potrà prescindere se vogliamo veramente avere qualità nelle professioni turistiche.

Quanto poi al no profit si dovrebbe prima di tutto vedere chi è in grado di stare sul mercato, ovvero se le organizzazioni possiedono almeno un atto costitutivo e uno statuto registrato, redatto come la legge impone, vedere se le attività svolte sono coperte da idonea copertura assicurativa, se l’associazione possiede un numero di codice fiscale, un numero di c. c. postale o bancario e se vengono inviate alla Regione Assessorato del Turismo le comunicazioni di legge previste annualmente. Certo anche qui bisogna chiarirsi le idee e dire che fare impresa sociale non significa operare in perdita e affermare che anche le associazioni di volontariato hanno tutto il diritto di garantire al proprio sodalizio una economicità di gestione e persino la possibilità di dare lavoro ai non soci. Ma diciamo le cose come sono effettivamente… se oggi le associazioni che praticano turismo (culturale, sociale o sportivo) fossero pari a 1000, se andassimo realmente a controllare forse neanche 100 avrebbero i requisiti minimi per poter operare e stare sul mercato. Molti di queste magari vorrebbero una liberalizzazione totale del mercato ma per fare cosa e, soprattutto, come e con quali risultati?

Non dobbiamo confondere il desiderio di portare il turismo a portata di tutti con l’idea di fare facili guadagni, magari esentasse, e che per fare questo non si debbano possedere delle competenze e professionalità e neppure avere una organizzazione tecnica in grado di gestire la struttura. Oggi ci sono decine di associazioni diciamo “Monoparentali” dove il pluralismo fisico e politico non è di certo la regola. A questo proposito mi domando: perché anziché operare nel III settore non si costituiscono delle ditte individuali a tale proposito? Se molti oggi fanno il contrario ci sarà pure un motivo? E poi questo coincide con il bene della Sardegna? Ma questo è un altro discorso che ci porterebbe forse troppo lontano.

Roberto Copparoni

Presidente Amici di Sardegna

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