Saras: per alimentare la tolleranza occorre dare un chiaro segnale

Nel rinnovare l’auspicio che tutte le industrie petrolifere del mondo vengano presto chiuse e riconvertite nell’ambito di processi di diversificazione energetica, con uso di energie alternative rinovvabili ci si domanda per quale motivo la Saras, almeno in questa fase, non pratichi una politica di abbattimento dei prezzi al consumo dei suoi prodotti per la vendita in Sardegna.

Tutto questo, oltre che costituire una sorta di indennizzo che, per quanto fatto, non potrà mai compensare il danno arrecato, potrebbe quanto meno rendere meno amara la circostanza di avere una aspettaviva e qualità di vita condizionata anche dalla Saras; un ambiente che in alcune parti è assai inquinato; reti stradali intasate – fra tutte in particolare la s.s.195 -; spazi marittimi interdetti o di molto limitati per via della presenza di numerosissime petroliere e per il fatto che la Sardegna anche grazie al consistente fatturato della Saras è uscita dall’area dell’obiettivo 1; area che l’Unione Eurpea ha predisposto per tutte quelle zone dell’Europa che risultavano svantaggiate allo scopo di promuovere lo sviluppo e l’adeguamento strutturale delle regioni che presentano ritardi nello sviluppo, come appunto è (era) Sardegna.

Infatti, il prodotto interno lordo (PIL) pro-capite della notrs regione è purtroppo superiore al 75% della media comunitaria. Il PIL è misurato secondo gli standard del potere d’acquisto e calcolato sulla base dei dati disponibili al 26 marzo 1999, regolamento CE n. 1260 del 1999 articolo 3.

Quindi è innegabile che tutta la Sardegna subisca una serie di danni più o meno diretti da questa industria. Pertanto è giusto e doveroso che almeno i suoi prodotti vengano venduti ai residenti a prezzi più contenuti, almeno fino a quando non saranno risolti i problemi che questa attività produce.

Del resto non ci sembra equo che i benefici economici di questa produzione rimangano solo alla Saras e, marginalmente ai suoi dipendenti, mentre i danni vengano ripartiti fra tutti i residenti e distribuiti in tutta la Sardegna.

Forse ora la stragrande maggioranza dei sardi ha finalmente capito che non ottiene alcun beneficio da questa ingombrante e dannosa presenza.

Tutto sommato se la Saras inziasse a ragionare in questo modo, salverebbe un minimo di credibilità e ne otterrebe anche dei vantaggi in termini di marketing etico.

Da qualche tempo già la Banche si sono atrezzate al riguardo, sarebbe tempo che la Saras iniziasse a sviluppare queste iniziative che altre industrie "più illuminate" da decenni realizzano in varie parti del mondo, in tutti quei territori soggetti a servitù di industria petrolchimica, come appunto è la Sardegna.

 

 

Roberto Copparoni

Referente dei Verdi della Provincia di Cagliari

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