Tuvixeddu…basta con le proteste

Nonostante il tema dell’incontro sia importante, ovvero la salvaguardia funzionale del sito di Tuvixeddu, la più estesa necropoli fenicio punica del Mediterraneo, che a pieno titolo dovrebbe essere monumento UNESCO, molti di noi non hanno partecipato alla manifestazione organizzata  domenica scorsa, perché non hanno voluto essere strumentalizzati da coloro che fanno dell’ambiente una questione di colore politico, o meglio una questione di potere.

Da sempre abbiamo sostenuto che il progetto della Coimpresa non avrebbe dovuto essere presentato.

Così come, parimenti, avremmo voluto che il Campus di Tiscali venisse costruito fuori dalla Laguna di Santa Gilla, che la capitale giuidicale di Cagliari "Santa Igia" non venisse ricoperta dal cemento o il sito della Saras non venisse mai realizzato.

Chi più di noi avrebbe preferito ben altri progetti per valorizzare la necropoli, per tutto il quartiere di Sant’Avendrace e persino per l’intera città di Cagliari.

Ma si sa che con i se e con i ma poca strada si fa.

Del resto questo progetto è stato ben studiato ed è sostanzialmente ineccepibile da un punto di vista formale, infatti esso ha ottenuto tutte le necessarie autorizzazioni richieste dalla vigente normativa e persino degli importanti riconoscimenti di rilievo internazionale in merito alle soluzioni progettuali adottate.

Da un punto di vista sostanziale, poiché viviamo in uno Stato di diritto che dovrebbe dare certezze a tutti, non possiamo più entrare nel merito della opportunità dell’iniziativa se non per aspetti marginali.

Essa c’è e non arreca maggior danni da quelli che deriverebbero dal lento degrado in cui la necropoli verserebbe se fosse lasciata a se stessa, o meglio alla incuria dell’uomo. Così come del resto è stato per centinaia di anni.

Tante delle cose dette dagli odierni contestatori non sono vere, così come la scoperta di ulteriori 400 tombe in aree che sarebbero state edificate, peraltro da tempo escluse da ogni opera edificatoria.

Ma la cosa che più ci rattrista è che viene contestato l’operato della Soprintendenza archeologica, massimo organo competente in argomento, e fortemente criticate tutte le altre personalità, studiosi e associazioni che non condividono quanto sostengono questa parte di ambientalisti.

Ancora una volta non è un problema di destra o di sinistra è una fatto di cultura, di sensibilità e di buon senso. Le posizioni integraliste assunte da molti di coloro che oggi protestano sono prive di fondamento infatti non si comprende come mai ci si ostini a parlare di salvaguardia paesaggistica integrale, trascurando la sostenibilità funzionale dell’intera area. Personalmente credo che le dinamiche e le logiche di fruizione di un qualsiasi sito non possano prescindere da una corretta visione del territorio e dei servizi che l’area presenta. Non possiamo più parlare di un vincolo paesaggistico assoluto, immutabile e romanticamente eterno. Esso va sempre rapportato alle scelte del territorio e al reale volere della popolazione espresso anche dalla sua classe politica.

Tutto cambia nella vita anche gli stessi valori con cui l’uomo da sempre convive. Ecco che il concetto di bello, giusto, prezioso, positivo, radicalmente mutati anche in questi ultimi decenni, devono rapportarsi ai valori e alle necessità legate alla valorizzazione, funzione, fruizione, sostenibilità, economicità, condivisione e non ultimo, promozione occupativa e padronanza del territorio di riferimento.

Inoltre non si condivide questa visione utilitaristica dell’ambiente che anziché essere normalmente vissuto con un quotidiano operare si esprime con l’apposizione di bandierine, medaglie, attestati, mediatiche iniziative a favore di territori, persone e manifestazioni che non sempre sono premiati per quello che hanno o che fanno ma, spesso, per quello che danno.

Anche per questo non abbiamo partecipato alla manifestazione di ieri.

Roberto Copparoni

 

 

 

 

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