Eutanasia o accanimento terapeutico? Forse basta solo del buon senso!


L?Italia è il Paese dove tutto deve essere, almeno formalmente, definito e certo, etichettato.
I distinguo e le contrapposizioni da sempre accompagnano il nostro vivere quotidiano. Tutti definiscono, classificano, disinguono, spesso senza alternative o mezze misure.
Ma a ben guardare l?Italia è anche il Paese delle eccezioni e delle deroghe, dipende però dai contesti e dalle circostanze e, soprattutto, dalle persone.
In Italia l?eccezione riesce a diventare regola anche non codificata, quasi una consuetudine legale in grado di invertire l?ordine e il peso delle stesse fonti del diritto.
Parlo di questo perché la drammatica vicenda del caso di Piergiorgio Welby mi ha portato a ragionare sull?assurdità del nostro sistema che vive tanto sui luoghi comuni, o su principi datati e mai messi in discussione, come il motto ?dura lex sed lex?, espressione di vetusta concezione tanto romanticamente evocata dai giureconsulti nostalgici.
Per la verità, se è pur vero che il cuore ha ragioni che la ragione non ha, è anche vero che in certi casi bisogna uscire dai recinti nei quali viviamo.
I recinti sono ?i fini? e ?le ragioni? degli organismi dei quali spesso facciamo parte come ordini professionali, partiti, sindacati, parrocchie, isituti e scuole, ecc. ecc.
Organismi che spesso ci portano a dire o ad assumere atteggiamenti anche omissivi che, alla fine, talvolta neanche comprendiamo e condividiamo pienamente.
Ora l?Italia si prepara allo scontro fra due sostanziali fazioni quelli provenienti dall?area cattolica, che pongono ?la vita? prima e al di sopra di tutto e quelli di area laica propensi a ritenere che la scelta e la libertà di non vivere, per porre rimedio ad atroci sofferenze, spetti principalmente al diretto interessato.
Due mondi, due culture si scontrano con dei coinvolgimenti viscerali e assai trasversali che spaziano fra l?etica e la dignità umana, fra la scienza e il diritto, fra la fede e la ragione.
Una cosa è certa, però!
L?anestesista che, rimuovendo il respiratore, ha permesso a Welby di lasciare questa vita di tragica sofferenza affronterà una vera ?via Crucis mediatica oltreche giudiziaria? che segnerà la sua esistenza umana e professionale.
Si tratta di omicidio di consenziente, per il quale il Codice penale prevede 15 anni di reclusione o trattasi di un evento necessario, quanto doloroso, daterminato da motivi di particolare valore tali da essere considerati una esimente o causa di giustificazione da consentire l?assoluzione piena?
Personalmente credo che il caso debba essere valutato nell?ambito della seconda ipotesi sopra indicata. Dico questo per un semplice motivo.
Essendo Piergiorgio Welby in pieno possesso delle sue facoltà intellettive e considerando la drammatica e sofferta patologia di cui era vittima che non dava alcuna speranza di regressione, credo che mantenerlo, comunque in vita, sarebbe stato un vero delitto contro l?umanità.
Del resto che senso avrebbe avuto continuare a farlo vivere, contro la sua volontà e, cosa ancora peggiore, provocando allo stesso una ingiustificata ulteriore sofferenza.
Quindi mi auguro che in futuro anche in altri casi analoghi, grazie all?adozione di una specifica normativa che spero vivamente venga presto approvata dal Parlamento, si possa adottare una linea di condotta più adeguata e rispondente alle necessità del malato e, soprattutto, la si smetta di trincerarsi dietro steccati ideologici e dogmatici, ponendo l?accento una volta per tutte, non tanto sulla salvaguardia della vita in se, quanto sulla qualità dell?esistenza e sul rispetto della dignità umana.
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