Lingua sarda: Una prevaricazione

Lingua sarda: un’ennesima prevaricazione.

 

La buon anima di Max Leopold Wagner, linguista e glottologo tedesco, considerato uno dei maggiori conoscitori della lingua e della cultura sarda, credo non stia trascorrendo notti serene da quando un gruppo di ricercatori e studiosi "di parte" ha deciso di far uniformare la lingua sarda al logudorese.

Ma chi sono questi ricercatori e studiosi. Molti di loro sono senz’altro in buona fede e in forza di nobili e storici principi argomentano la purezza di questa variante, come la più vicina ai dettami della sardità più autentica.

Altri invece, persino improvvisati, grazie a questa "trovata" ci vivono, offrendo traduzioni e pubblicando libri sull’argomento finanzianti (il più delle volte con denaro pubblico) da compiacenti dirigenti e politici, spesso conterranei, che offrono una sponda a questa apparente, nobile causa, che a me pare un poco strumentale e faziosa.

Si pensi che alcuni "appassionati" hanno compreso il business molti anni fa, vivendo grazie a delle pubblicazioni stampate in logudorese (ma realizzate nei paesi dell’est!) con finanziamenti dell’Unione europea. Insomma grazie a questa copiosa, infaticabile e remunerativa attività pseudo culturale a Bruxelles molti hanno ritenuto che il logudorese fosse l’unica lingua della Sardegna.

Parlare di LSC nel campidano e più in generale nel sud della Sardegna  lo reputo inopportuno ed offensivo per la stragrande maggioranza delle persone che vivono in questa parte della Sardegna. Infatti, non si comprende per quale motivo questi sardi dovrebbero parlare un’altra lingua solo perché, per decreto si è stabilito che la Sardegna debba avere una lingua comune che assomiglia terribilmente ad una variante della nostra lingua: il logudorese.

Per quale motivo i "puristi", molti dei quali legati a potentati politico economici non si preoccupano di andare nelle scuole a fare attività didattica (magari anche gratuitamente) anzichè pensare al pagamento dei loro diritti di autore su pubblicazioni che spesso sono state pagate senza essere neppure distribuite?

Perché questi signori non cercano di parlare con la gente per spigare in base a quali ragioni la stragrande maggioranza dei sardi che parla il campidanese dovrebbe iniziare a parlare un’altra lingua?

Tutto questo mi sembra ridicolo!

Ve l’immaginate se la regione toscana imponesse per decreto di far utilizzare ai residenti la parlata senese?

Se è pur vero che la lingua di un popolo conserva la memoria (specie per una civiltà come la nostra che solo di recente ha conosciuto la parola scritta) per quale motivo dovremmo sradicare l’onomastica e la toponomastica, la sintassi, la morfologia e la fonetica, decontestualizzandola dai suoi riferimenti territoriali e ambientali a favore di espressioni e termini che ci sono estranei?

In realtà l’argomento ha lontane origini.

Questo è solo l’ennesimo attacco verso il sud della Sardegna responsabile di annoverare nel suo territorio la città di Cagliari.

Capitale odiata anticamente dai sardi perché sede del potere straniero.

Ma oggi Cagliari non è più, e forse non lo è mai stata, dei cagliaritani ma e capoluogo di tutte le genti della Sardegna. Basti vedere chi in questo passato recente ha ricoperto posti di potere per capire quanto "ospitale" sia questa città, a differenza di altre e non solo a livello comunale, ma anche con riferimento alla  Provincia o alla Regione.

 

Peraltro quest’odio sottile è di ataviche origini e s’insinua fra i ricordi dei campanili e dei muretti a secco, mai dimenticati, soprattutto in altre località della Sardegna.

Un odio irrazionale, che offende il buon senso e che rallenta la crescita della nostra collettività, spesso capace di essere forte con i deboli e debole con i forti.

Forse è proprio questa una delle principali cause del nostro generale insuccesso.

Ma che piaccia o no Cagliari è la Capitale della Sardegna e la sua provincia, che è la più estesa della regione, da sola accoglie circa un terzo degli abitanti dell’isola.

 

E’ mai possibile che un manipolo di esperti, parolieri e faccendieri dell’identità siano così potenti da riuscire ad imporre una lingua e una cultura minoritaria?

 

Che ognuno oltre a conoscere l’italiano e almeno un’altra lingua straniera continui a parlare e a scrivere il sardo come sa fare, ovvero campidanese, logudorese e nuorese, gallurese, catalano, tabarchino, veneto.

Smettiamola di farci del male e cerchiamo di dare delle risposte credibili ai problemi di sempre.

 

Roberto Copparoni

Presidente Associazione Amici di Sardegna

Articolo precedente
Marco Carta. Santo, subito
Articolo successivo
Bisogna fare quello che è giusto
Menu